L’ANC ieri ha segnalato malfunzionamenti che hanno complicato l’invio dei dati

Di Luca BILANCINI e Emanuele GRECO

Nella giornata di ieri, secondo quanto rilevato dall’Associazione nazionale commercialisti, si sono registrati ritardi di funzionamento del sito dell’Agenzia delle Entrate.
Essendo il 31 maggio il termine di presentazione delle LIPE (comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche), oltre che del bollo sulle fatture elettroniche, l’ANC ha richiesto l’emanazione di un provvedimento immediato da parte dell’Agenzia delle Entrate che consenta la proroga delle scadenze di ieri.
Un intervento dell’Agenzia contribuirebbe a “rasserenare” il clima in cui operano i commercialisti, in un periodo già contrassegnato da ulteriori adempimenti in scadenza, come l’acconto IMU, le dichiarazioni dei redditi e l’autodichiarazione degli aiuti di Stato.

Si rammenta che, a causa di un prolungato malfunzionamento dei servizi telematici, occorso nelle giornate del 30 e 31 marzo 2022, l’Agenzia delle Entrate era intervenuta con un provvedimento recante proroga dei termini di prescrizione e di decadenza, nonché di quelli relativi all’adempimento di obbligazioni e formalità “previsti dalle norme riguardanti le imposte e tasse” a favore dell’Erario (provv. 1° aprile 2022 n. 103772).

Sempre ieri, l’Associazione nazionale commercialisti, congiuntamente a CONFIMI, con un comunicato stampa ha reso noti i risultati di un sondaggio eseguito su un campione di circa 900 fra imprese e professionisti, relativo alle nuove regole per la presentazione del c.d. “esterometro”, che dovranno applicarsi dal prossimo 1° luglio. L’87% degli operatori rivela di considerare “problematica” la gestione della prossima scadenza. Il 70% degli intervistati ha già aggiornato i software per adeguarli alla nuova comunicazione, ma solo il 18% ha scelto spontaneamente di utilizzare già il tracciato XML.

La principale criticità evidenziata concerne la gestione degli acquisti da non residenti e, in modo particolare, la tempistica di trasmissione dei dati.
La preoccupazione diminuisce, invece, con riferimento alle operazioni attive, considerato che buona parte dei soggetti che hanno partecipato al sondaggio hanno riferito di avere “già da tempo” adottato la fatturazione elettronica verso cessionari/committenti esteri per evitare il c.d. “esterometro”.

Il presidente di ANC, Marco Cuchel, sottolinea come il problema non risieda tanto nel metodo, “ossia che il formato diventi lo stesso della FE”, quanto piuttosto nelle “scadenze a flusso continuo e troppo stringenti rispetto a tempistiche che, nella migliore delle ipotesi, vanno gestite entro il 15 di ogni mese ma in taluni casi anche entro 12 giorni”. Dal canto suo, Flavio Lorenzin, Vicepresidente di CONFIMI, rileva che la confederazione non è contraria al processo in corso, sottolineando, tuttavia, come non possa definirsi “semplificazione quella che porta ad una drastica riduzione delle tempistiche per gli operatori”.

In quest’ottica, nei giorni scorsi le due associazioni hanno presentato una serie di proposte emendative in sede di conversione in legge del DL 36/2022, nel quale è prevista, tra l’altro, l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica via SdI anche ai soggetti che adottano il regime forfetario o il regime “di vantaggio”, qualora abbiano superato il limite di compensi o ricavi pari a 25.000 euro su base annua.

Per quanto concerne il c.d. “esterometro”, un primo emendamento prevede la proroga al 1° gennaio 2023 delle novità, per quanto concerne sia le modalità, sia le tempistiche di comunicazione dei dati, ferma restando comunque la possibilità di optare per l’adozione delle nuove regole di invio.

In alternativa, ANC e Confimi propongono di mantenere invariati, almeno sino al 31 dicembre 2022, i termini di trasmissione, pur inviando i dati in formato XML via SdI. Viene chiesto, inoltre, che le eventuali comunicazioni tardive effettuate ai fini dell’esterometro (con le nuove modalità) non comportino anche l’applicazione dell’art. 6 del DLgs. 471/97 (omessa o tardiva fatturazione o applicazione del reverse charge), al ricorrere di determinati presupposti.

Altre proposte di semplificazione riguardano l’introduzione nell’art. 18 del richiamato DL 36/2022:
– di una “precisazione normativa” volta a chiarire che i soggetti passivi trimestrali per opzione (art. 7 del DPR 542/99) possono annotare nel registro delle vendite le operazioni passive in reverse charge, entro i medesimi termini delle operazioni attive;
– dell’abrogazione della parte dell’art. 1 comma 1 del DPR 100/98 che non consente la possibilità di retro imputare l’IVA relativa alle fatture di acquisto relative al mese di dicembre, ricevute nei primi quindici giorni di gennaio.

Pur non essendo compresa fra gli emendamenti presentati al Parlamento, ha suscitato un positivo riscontro, fra gli operatori intervistati, la possibile richiesta all’Agenzia delle Entrate di provvedere in modo automatico all’inversione contabile “interna” delle fatture riportanti un codice natura “N6.x”, “rendendo irrilevante” l’utilizzo del codice TD16, a condizione che il fornitore precisi l’aliquota IVA applicabile all’operazione.