Non rileva il momento in cui si è verificato il fatto costitutivo delle perdite
La mancata indicazione dei criteri di determinazione del prezzo di emissione delle azioni correlate ad un aumento di capitale è causa di annullabilità della delibera (e non di nullità della stessa). Ciò, peraltro, non viene immediatamente in rilievo nel caso in cui l’aumento in questione sia preventivamente offerto ai soci e solo in subordine ai terzi.
A tale delibera – ove funzionale al rispetto degli obblighi correlati ad un concordato preventivo – può dare legittimamente attuazione l’amministratore giudiziario nominato in forza dell’art. 185 comma 6 del RD 267/1942 (come inserito dall’art. 3 comma 6 del DL 83/2015 convertito).
In relazione ad essa, inoltre, è possibile avvalersi della disciplina dettata in materia di sterilizzazione delle perdite, ex art. 6 del DL 23/2020 convertito, che, con il suo riferimento, prima, alle perdite “emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020” e, poi, anche a quelle “emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021”, prende in considerazione l’anno di esercizio di emersione della perdita e non il momento in cui si sia verificato il fatto costitutivo della stessa.
Sono queste le importanti indicazioni che emergono dal provvedimento cautelare del Tribunale di Napoli del 2 aprile 2022.
La vicenda – per come ricostruibile sulla base delle sole indicazioni che è possibile trarre o desumere dal provvedimento in questione – attiene ad una spa in concordato preventivo che, all’inizio del 2021, decideva, con apposita delibera assembleare adottata all’unanimità, di delegare al CdA un aumento di capitale di circa 2 milioni di euro – offerto in opzione ai soci e, in caso di mancato esercizio del diritto di opzione, ai terzi – al fine di dare esecuzione agli obblighi assunti in sede di richiesta del beneficio concordatario.
Il CdA, peraltro, non procedeva al suddetto aumento. Ragione per cui il Tribunale, avvalendosi della previsione dell’art. 185 comma 6 del RD 267/1942 (come inserito dall’art. 3 comma 6 del DL 83/2015 convertito), sentiti la società e il commissario giudiziale, revocava l’organo amministrativo e nominava un amministratore giudiziario attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione al concordato.
Verso la fine dello scorso anno, quindi, l’amministratore giudiziario deliberava, in sostituzione del CdA, il suddetto aumento di capitale.
Contro tale decisione ricorrevano due soci della spa, chiedendone anche la sospensione, per i seguenti motivi:
– nullità derivata (dalla nullità della delibera assembleare di aumento) per mancata indicazione dei criteri di determinazione del prezzo di emissione delle azioni;
– nullità propria (o, in subordine, annullabilità) perché l’aumento era assolutamente insufficiente rispetto ad un patrimonio netto negativo per oltre 20 milioni di euro, perché si collocava in un concordato preventivo oramai inadempiuto e perché si avvaleva della sterilizzazione delle perdite ex art. 6 del DL 23/2020 convertito senza considerare che tale disciplina non potesse trovare applicazione, dovendosi avere come riferimento il momento di verificazione del fatto costitutivo della perdita.
Il giudice napoletano rigetta il ricorso.
Quanto al primo aspetto, osserva come la mancata fissazione del prezzo di emissione delle azioni non presenti rilievo per due ragioni: perché l’impugnazione era avvenuta in termini che legittimavano solo contestazioni di vizi di nullità, e non di annullabilità, come nel caso di specie, e perché l’aumento era preventivamente rivolto ai soci, per i quali il prezzo era stabilito sulla base del capitale e delle azioni esistenti, e solo in subordine a terzi.
Quanto al secondo profilo, si osserva come, correttamente, al fine di supplire all’inerzia del debitore concordatario, si era data applicazione al citato art. 185 comma 6 del RD 267/1942 (come inserito dall’art. 3 comma 6 del DL 83/2015 convertito), che si colloca nel contesto di un intervento normativo che, pur favorendo la ristrutturazione e il mantenimento della continuità aziendale su ricorso della società, può tradursi, per realizzare tali fini, anche in una sottrazione dell’azienda alla società, “con una pervasività del potere del tribunale” – riconoscono i giudici – “che non trova figure affini nel diritto commerciale”.
Quanto ai rilievi attinenti all’art. 6 del DL 23/2020 convertito, infine, si sottolinea come il testo normativo attenga proprio ai fatti di causa. Esso, infatti, è ritenuto chiaro nel disegnare una deroga che rileva nella misura in cui viene a riverberarsi sull’esercizio (2020 o 2021) che dovrebbe poi determinare l’attivazione delle procedure di copertura delle perdite rilevanti ex artt. 2446 e 2447 c.c.: “per cui il termine di riferimento è l’anno di esercizio e non quando si è verificato il fatto costitutivo della perdita”.