A oggi, il principio sancito dalla pronuncia resta valido per le ipotesi diverse da quelle di deducibilità automatica

Di Luca FORNERO

Secondo la sentenza della Cassazione n. 12693 depositata ieri, il contribuente che intende dedurre una perdita su crediti deve dimostrarne gli elementi “certi e precisi” che ne legittimano la deducibilità (ex art. 101 comma 5 del TUIR). In particolare, occorre provare la definitività della perdita, attraverso il mancato pagamento volontario del credito e l’impossibilità di un suo recupero in via coattiva.
Pertanto, se il creditore resta inerte nella titolarità del suo credito, esiste un credito inattuato per volontà del creditore medesimo, ma non esistono elementi certi per configurare una perdita fiscalmente rilevante.

Si segnala che i fatti in causa risalgono ai periodi d’imposta 2003 e 2004, quando non erano state ancora introdotte (prima dal DL 83/2012 e poi dal DLgs. 147/2015) alcune ipotesi che configurano ex lege gli elementi certi e precisi legittimanti la deducibilità del componente negativo di reddito.

Ad oggi, infatti, al di fuori delle procedure concorsuali, la perdita è deducibile “in ogni caso” quando, in alternativa:
– il credito è di modesta entità (vale a dire, di importo non superiore a 5.000 euro, per le imprese che abbiano conseguito un volume d’affari o ricavi non inferiore a 100 milioni di euro, e non superiore a 2.500 euro, per le altre imprese) ed è decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza del pagamento (c.d. “mini crediti”);
– il diritto alla riscossione del credito è prescritto;
– i crediti sono cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

Quale ulteriore elemento di interesse la sentenza in commento ricorda che il periodo d’imposta in cui operare la deduzione della perdita deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che i crediti non possono più essere soddisfatti, materializzandosi in tale momento gli elementi “certi e precisi” della loro irrecuperabilità. Diversamente, infatti, si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa.

Peraltro, dal 2015, grazie al DLgs. 147/2015, l’individuazione dell’esercizio di competenza è divenuto più certo per i “mini crediti” e i crediti vantati verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali e istituti assimilati.

È stato infatti stabilito che, in tali casi, la deduzione della perdita è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione è eseguita in un periodo di imposta successivo a quello in cui, in alternativa:
– sussistono gli elementi certi e precisi (vale a dire, a quello in cui sono decorsi 6 mesi dalla scadenza, per quanto concerne i “mini crediti”);
– il debitore si considera assoggettato alla procedura concorsuale.

La deduzione non è più consentita quando l’imputazione avviene in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

Infine, in presenza degli elementi che ne legittimano la deducibilità, le svalutazioni contabili dei crediti di modesta entità scaduti da più di 6 mesi e dei crediti vantati verso debitori assoggettati a procedure concorsuali o assimilate sono deducibili, in alternativa, come svalutazioni (ex art. 106 comma 1 del TUIR) o perdite su crediti (ex art. 101 comma 5 del TUIR).

Ove siano dedotte come perdite, le svalutazioni, deducibili a decorrere dall’esercizio in cui sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale o a un istituto assimilato ed eventualmente non dedotte in tali periodi, possono essere dedotte nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili (art. 13 comma 3 del DLgs. 147/2015).
In pratica, viene consentito al contribuente di rinviare la deduzione come perdite delle svalutazioni relative ai c.d. “mini-crediti” e ai crediti vantati verso debitori assoggettati a procedure concorsuali e istituti assimilati al momento dell’eliminazione del credito stesso dal bilancio.