Accesso alla procedura anche con domanda in bianco e concessione di misure protettive

Di Antonio NICOTRA e Marco PEZZETTA

Lo schema di DLgs. recante le modifiche al Codice della crisi, tra l’altro, “rinnova” la disciplina sui piani di ristrutturazione/risanamento all’art. 64-bis, prevedendone l’omologazione con ampio rinvio alla disciplina del concordato, nei limiti di compatibilità.

La nuova procedura – in attuazione della direttiva Ue 2019/1023 – assume una configurazione diversa dalle procedure originarie ex art. 56 del DLgs. 14/2019 sugli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento e art. 57 sugli “accordi di ristrutturazione dei debiti”.

In termini generali, balza agli occhi la differenza, rispetto ai primi, per la previsione di un giudizio di omologa e per il fatto che la nuova disciplina lascia intendere che mediante i “piani” in esame possono essere ottenuti anche stralci in linea capitale. Rispetto ai secondi, una caratteristica che colpisce è il diverso regime di approvazione che prevede l’unanimità di consensi, anche se mediante le classi e quorum deliberativi tutt’altro che unanimistici. La disciplina del “Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione” prevede, infatti, l’obbligatoria suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, e consente di distribuire il ricavato del piano in deroga al principio della par condicio creditorum (si veda “Nuovi piani di ristrutturazione con omologazione” del 29 marzo 2022).

L’accesso alla procedura, dettata per il debitore in stato di crisi o di insolvenza, sarà consentito anche a seguito della presentazione della domanda “con riserva” (in alternativa al concordato o agli accordi di ristrutturazione dei debiti). Inoltre, con la domanda per l’omologazione del piano sarà possibile richiedere l’applicazione delle misure protettive, regolate dal (rinnovato) art. 54 del DLgs. 14/2019.

Altra novità riguarda l’estensione della natura prededucibile per i crediti sorti in funzione del piano, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che il piano sia omologato.
Viene introdotta all’art. 64-ter una specifica procedura di conversione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo.

Il debitore ha la facoltà di contestare l’esito del voto riportato nella relazione del commissario giudiziale e di chiedere al tribunale la verifica sull’unanimità raggiunta e quindi l’omologazione del piano alle condizioni originarie, senza vincoli di distribuzione. In particolare, se dalla relazione del commissario emerge che il piano non ha ricevuto l’approvazione di tutte le classi, il debitore, entro 15 giorni dal deposito della suddetta relazione, ha la facoltà di sottoporre al tribunale l’accertamento dell’esito della votazione ai fini dell’omologazione del piano, qualora abbia ottenuto l’approvazione di tutte le classi.

Il debitore, tuttavia, può modificare la domanda originaria formulando una proposta di concordato; la richiesta può essere formulata anche se un creditore ha contestato il difetto di convenienza nelle osservazioni ex art. 107 comma 4 del DLgs. 14/2019.

La conversione può comunque realizzarsi in ogni momento, modificando la domanda e formulando la proposta di concordato, anche fuori delle ipotesi di cui sopra.
Non è chiaro, stando alla formulazione della norma, se il debitore possa modificare la domanda anche per accedere alla procedura degli accordi di ristrutturazione.

La lettura dei nuovi artt. 64-bis e 64-ter del Codice, come previsti dallo schema di DLgs., induce a ritenere che i Piani di ristrutturazione soggetti ad omologa richiedano sempre l’unanimità di approvazione delle classi, secondo i quorum ivi disciplinati. Questi ultimi, quindi, appaiono necessari anche nell’ipotesi in cui la proposta non preveda deroghe alle regole di cui all’art. 2740 e 2741 c.c. D’altro canto, però, la possibilità di derogare alle norme civilistiche ora menzionate rappresenta la precipua ratio a cui mira l’art. 11, par. 1 della direttiva Ue 2019/1023, ossia introdurre uno strumento che, secondo la relazione illustrativa dello schema di DLgs, “può prescindere dalle regole distributive delle procedure concorsuali”.

In base a questa considerazione deve supporsi che un piano di ristrutturazione soggetto ad omologa privo di deroghe agli artt. 2740 e 2741 c.c. non abbia senso di esistere, dato che il debitore, per tale fattispecie, dispone già dello strumento del concordato preventivo, verso il quale, peraltro, può “virare” in ogni momento: quando si renda conto che l’unanimità delle classi non è raggiungibile, ovvero dopo che si è accertato che l’approvazione non è stata unanime.

Per evitare che la migrazione da una procedura all’altra determini un eccessivo prolungamento dei tempi di ristrutturazione, viene ridotta alla metà la tempistica ordinaria di approvazione del concordato. È previsto anche un sistema di pubblicità della memoria per la modifica della domanda presso il Registro delle imprese (momento dal quale si applicano alcune delle disposizioni dettate per il concordato). Infine, si regola il passaggio “inverso”: il debitore istante il concordato – fin quando non sono iniziate le operazioni di voto (per tale procedura) – può modificare tale domanda chiedendo l’omologazione del piano di ristrutturazione.