Non ammissibile l’immediato ricorso alla confisca per equivalente per la confusione fra il patrimonio del socio e quello della società unipersonale

Di Maria Francesca ARTUSI

La questione dell’identificazione del profitto nei reati tributari continua a interessare la giurisprudenza di legittimità. Nel caso affrontato dalla sentenza della Cassazione n. 9444, depositata ieri, tale tematica si affianca a quella dell’ambito di applicazione della confisca nelle srl unipersonali.

Nel caso in esame erano stati contestati i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 del DLgs. 74/2000) e di omessa dichiarazione (art. 5 del DLgs. 74/2000) nei confronti del legale rappresentante e socio di due società; ed era stata disposta la confisca di beni di proprietà dell’imputato in relazione al profitto conseguito attraverso la omessa dichiarazione fiscale, quantificato in complessivi 428.908,50 euro.

Per i giudici di legittimità non è corretta l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui, costituendo il profitto del reato contestato un mero risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte, il suo valore sarebbe suscettibile di confisca nella sola forma della confisca per equivalente.

Per profitto del reato deve, invece, intendersi il vantaggio economico derivante in via diretta dalla commissione dell’illecito. In tema di reati tributari, ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca anche per equivalente (è quindi a maggior ragione ove si tratti direttamente della confisca), il profitto è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, essendo indifferente se l’imposta evasa, in concreto, sia stata non pagata o portata a credito dal contribuente (Cass. SS.UU. n. 31617/2015 e Cass. n. 1657/2019).

Poiché la confisca diretta ha ad oggetto il profitto del reato, è, pertanto, evidente che non vi è alcuna antinomia logica fra la confisca diretta e la natura meramente contabile di tale profitto quale si realizza in caso di omesso versamento delle imposte, consistendo quello in un risparmio di spesa. La confisca può cioè interessare direttamente un bene che, presente nel patrimonio del contribuente al momento in cui questi avrebbe dovuto versare le imposte, è, per effetto dell’omesso versamento, rimasto nella disponibilità di quello e non è stato utilizzato per l’adempimento dell’obbligazione tributaria (così, Cass. n. 23040/2020).

In tal senso, appare ingiustificato l’immediato ricorso da parte dei giudici del merito alla forma “per equivalente” della confisca, attesa la sua natura sussidiaria rispetto alla possibilità di procedere in forma diretta. La confisca di valore, non basandosi sul nesso di pertinenzialità della “res” rispetto al reato, è legittima soltanto se i proventi dell’illecito non sono rinvenuti nella sfera giuridico-patrimoniale dell’indagato o, nel caso di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, non sono rinvenuti nella sfera patrimoniale dell’ente nel cui interesse il reato tributario è stato commesso, dovendo farsi ricorso a questo istituto, quello della confisca per equivalente, solo quando non sia possibile procedere al sequestro diretto del profitto, del prodotto o del prezzo del reato.

Ma ancora più ingiustificata, secondo la pronuncia in commento, è l’argomentazione svolta dalla Corte d’Appello relativamente all’indifferenza – stante la confusione fra il patrimonio della società unipersonale e quello del suo socio – del fatto che la confisca incida sull’uno o sull’altro compendio di beni.

Tale assunto pare poggiarsi sul rilievo che, trattandosi di società unipersonale, essa non gode per tale ragione di una piena autonomia patrimoniale; assunto manifestamente errato, per la Cassazione, posto che l’art. 2462 c.c., al primo comma, senza distinguere fra società a responsabilità limitata a composizione multipersonale o unipersonale, prevede che delle obbligazioni sociali, fra le quali quelle tributarie non sono assenti, risponda solo la società con il proprio patrimonio e non anche i soci. Al secondo comma della predetta disposizione si legge che, solo in caso di insolvenza di questa, il socio unico debba rispondere illimitatamente in ordine a tali obbligazioni esclusivamente in caso di irregolare costituzione della società stessa (cioè ove non siano stati eseguiti regolarmente i dovuti conferimenti ovvero non sia stata data adeguata pubblicità alla struttura unipersonale della società).

D’altra parte che la società unipersonale abbia delle caratteristiche che ne consentono il riconoscimento, quale soggetto giuridico dotato di piena autonomia sia sotto il profilo funzionale che sotto quello patrimoniale, è nozione che, anche in materia penale, la giurisprudenza ha di recente ribadito affermando che le srl rientrano tra gli enti assoggettati alla disciplina dettata dal DLgs. 231/2001, essendo, a differenza delle imprese individuali, soggetti giuridici autonomi, dotati di un proprio patrimonio e formalmente distinti dalla persona fisica dell’unico socio (Cass. n. 45100/2021; nello stesso senso Cass. n. 49056/2017).
Pertanto, non è ammissibile l’immediato ricorso alla confisca per equivalente in forza della confusione fra il patrimonio del socio e quello della società unipersonale.