Necessario esaminare attentamente l’oggetto del contratto

Di Anita MAURO

Dal punto di vista civilistico, le nozioni di “azienda” e di “immobile” sono diverse, ma, in concreto, può non essere facile capire se l’atto stipulato dalle parti abbia a oggetto un immobile, con annesse le sue pertinenze, ovvero un’azienda il cui elemento principale è un immobile.
La questione si può porre sia in relazione a contratti aventi a oggetto la cessione di diritti reali (ad es. compravendita o cessione) che in relazione a contratti aventi a oggetto il godimento (locazione/affitto).

Di recente, la Suprema Corte (Cass. 24 febbraio 2022 n. 6067) ha riesaminato la problematica, ribadendo i principi già in passato enucleati dalla giurisprudenza di legittimità sul tema.
Secondo l’orientamento consolidato (Cass. 25 settembre 2019 n. 23851, 28 maggio 2009 n. 12543, 15 marzo 2007 n. 5989), ribadito nella recente pronuncia, la differenza tra locazione di immobile con pertinenze e affitto d’azienda consiste nel fatto che:
– nella locazione, l’immobile concesso in godimento viene considerato specificamente, nell’economia del contratto, come l’oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente e assorbente rispetto agli altri elementi, i quali (siano essi legati materialmente o meno all’immobile) assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all’immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione;
– nell’affitto di azienda, l’immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili e immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicché l’oggetto del contratto è costituito dall’anzidetto complesso unitario.

Pertanto, nel valutare se un contratto debba essere qualificato come locazione di immobile o affitto di azienda (o di un ramo di essa) l’interprete deve, in primo luogo, verificare se i beni oggetto di tale contratto fossero già organizzati in forma di azienda e, in caso di esito positivo dell’indagine, è tenuto ad accertare se le parti abbiano inteso trasferire o concedere il godimento del complesso organizzato o semplicemente quello di un immobile, al cui utilizzo risultino strumentali gli altri beni e servizi eventualmente ceduti, restando poi libero l’avente causa di organizzare ex novo un’azienda propria (così Cass. 17 febbraio 2020 n. 3888).

Nel caso esaminato dalla pronuncia n. 6067/2022, la C.T. Reg., accogliendo le ragioni dell’Agenzia delle Entrate, aveva negato la correttezza della qualificazione del contratto operata dalle parti (cessione di ramo di azienda) ritenendo che, invece, la pattuizione si risolvesse in una cessione del contratto di locazione.

In particolare, la Commissione aveva evidenziato che il contratto non aveva la finalità di consentire al cessionario il subentro nell’esercizio dell’impresa, posto che non erano stati trasferiti né i rapporti giuridici con la clientela e con i fornitori, né il personale e non era stata proseguita la stessa attività. D’altro canto, la Commissione ha ritenuto irrilevante il fatto che l’accordo prevedesse anche la cessione di alcuni mobili, atteso il loro valore irrisorio, e della licenza commerciale, attesa la “preminenza, sotto il profilo economico, dell’elemento rappresentato dalla cessione del contratto di locazione”. Infine, con riferimento alla somma versata a titolo di compenso per l’avviamento commerciale, la Commissione ha ritenuto che l’importo corrisposto a tale titolo avesse, in realtà, natura di remunerazione per la cessione del contratto di locazione.

Secondo la Corte, la motivazione della decisione della Commissione tributaria è rispettosa dei principi sopra esposti, in quanto essa, esaminando le clausole contrattuali, ha ritenuto che l’oggetto effettivo del contratto, “nonché suo «scopo economico sociale»”, fosse la concessione in godimento di un immobile e non la cessione di un complesso di beni funzionalmente organizzato per l’esercizio di un’attività di impresa, e che le altre prestazioni poste a carico del cedente (cessione dei mobili e della licenza commerciale) presentassero carattere secondario e accessorio e fossero prive di rilevanza sotto il profilo economico e causale.

La peculiarità della fattispecie risiede però nel fatto che viene affermata la sussistenza di una cessione del contratto di locazione, che determina non la cessione dei diritti reali sull’immobile, bensì il subentro del cessionario nel contratto.

Peraltro, bisogna considerare che, sebbene la cessione del contratto di locazione non sia un effetto automatico della cessione (o dell’affitto) di azienda, in quanto, a norma dell’art. 36 della L. 392/78, è necessaria la conclusione di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, tuttavia, l’art. 2558 comma 3 c.c., in assenza di specifica pattuizione, consente di presumere fino a prova contraria la cessione del contratto di locazione avente a oggetto l’immobile in cui l’azienda è affittata (Cass. n. 12017/2017).