Lo stesso vale per mediazione e conciliazione giudiziale

Di Alfio CISSELLO

I verbali redatti a seguito dei vari incontri finalizzati all’eventuale accertamento con adesione possono essere utilizzati dal giudice come elementi di prova in base al suo prudente apprezzamento.
Per la ragione esposta, il giudice di merito può abbattere l’imponibile in misura pari a quanto emerge da un verbale di contraddittorio, essendo irrilevante, a questi fini, che l’adesione si sia o meno perfezionata.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6391 depositata ieri, ove i giudici hanno affermato quanto segue: “il verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un documento probatorio utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutarne la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate”.

L’argomento è molto importante, per entrambe le parti: non è detto che quanto si attesta nei verbali di adesione rimanga “nei cassetti” degli uffici o del difensore.
Si tratta, in buona sostanza, di dichiarazioni delle parti che possono andare a loro svantaggio, dunque prima di formalizzare un certo fatto, una certa interpretazione e, in special modo, prima di ammettere sia pure in parte di aver adottato una condotta non conforme alla legge fiscale, bisogna pensarci bene.

Uguali considerazioni valgono per le memorie o i verbali redatti in occasione delle procedure di mediazione e conciliazione giudiziale.
Il problema si pone in quanto non esiste nell’ordinamento tributario una norma dal tenore analogo all’art. 10 comma 1 del DLgs. 28/2010, che, in tema di mediazione civile, prevede: “le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni”.

Nemmeno è possibile richiamare l’art. 48 del Codice deontologico forense (che impone, salvi casi specifici, di non produrre in giudizio la corrispondenza riservata tra le parti), vuoi perché la sua violazione è fonte di sola responsabilità disciplinare dell’avvocato, vuoi perché la controparte pubblica, di norma, non è soggetta alla deontologia forense.

Alla luce di quanto esposto, sia per il contribuente che per la parte pubblica, è prudente evitare di rilasciare attestazioni potenzialmente pregiudizievoli nei verbali finalizzati all’adesione, e lo stesso dicasi per i messaggi di posta elettronica scambiati tra le parti, che ben possono essere prodotti in giudizio.

Per la medesima ragione, è opportuno valutare bene l’opportunità di effettuare una proposta di adesione scritta. Nulla vieta di esporre le proprie intenzioni oralmente, formalizzandole solo quando si è certi di essere pervenuti ad un accordo.