Per la Cassazione l’art. 5 del DLgs. 74/2000 descrive una condotta rigorosamente individuata e come tale non suscettibile di alcuna estensione

Di Maria Francesca ARTUSI

La presentazione di una dichiarazione incompleta non integra il reato di omessa dichiarazione, ma piuttosto – ove ne ricorrano i presupposti – quello di dichiarazione infedele.

Il delitto di “omessa dichiarazione” di cui all’art. 5 del DLgs. 74/2000 contempla, infatti, nel comma 1, la condotta di “chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte…”. La medesima condotta omissiva è poi presa in considerazione dal successivo comma 1-bis con riguardo alla dichiarazione di sostituto d’imposta.

La sentenza n. 5141 della Corte di Cassazione, depositata ieri, evidenzia dunque come tale fattispecie sia integrata quando, nei termini previsti dalle leggi tributarie, e nel rispetto delle soglie individuate dallo stesso art. 5 (50.000 euro per ciascuna imposta evasa), il contribuente non trasmetta agli uffici competenti le predette dichiarazioni.

Nel procedimento oggetto della citata pronuncia, i giudici di merito avevano ritenuto integrato il reato in questione, pur a fronte di presentazione della dichiarazione intervenuta nei termini, per il fatto che la stessa fosse sostanzialmente “in bianco”, dato che il quadro RS non era stato compilato. L’impostazione seguita dalla sentenza di condanna affermava che la “ratio” della norma riposa sull’obbligo di “mettere l’amministrazione finanziaria al corrente delle informazioni necessarie per accertare la consistenza dell’obbligazione tributaria”. La Cassazione, tuttavia, non condivide l’equiparazione in tal modo operata tra omessa presentazione di dichiarazione e presentazione di dichiarazione incompleta, in quanto fondata su una lettura analogica della disposizione contrastante con il principio di legalità. Come si è visto, infatti, il citato art. 5 descrive una condotta esaustivamente e rigorosamente individuata e come tale non suscettibile di alcuna estensione.

A sostegno di questa lettura più garantista per il contribuente, la pronuncia in esame richiama diversi dati normativi valorizzati sia dalla giurisprudenza tributaria sia dalla giurisprudenza di legittimità civile, che, sul medesimo punto, è costantemente pervenuta a ritenere improponibile, quanto alla parallela condotta di omessa presentazione considerata dalla legislazione tributaria, una tale equipollenza.

Si è infatti valorizzato, a conforto della necessaria distinzione tra “assoluta omessa presentazione” e “mancata dichiarazione di redditi imponibili”, il tenore letterale dell’art. 1 comma 2 del DPR 600/1973, che, nel disciplinare il contenuto della dichiarazione dei redditi, prevede espressamente che la stessa debba “contenere l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili…” e che “i redditi per i quali manca tale indicazione si considerano non dichiarati ai fini dell’accertamento e delle sanzioni”, in tal modo deducendosi che, nell’ipotesi in cui non siano indicati gli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili (tanto più se, come nel caso di specie, la mancata indicazione sia stata solo parziale, riguardando un solo quadro), la dichiarazione si deve ritenere presentata e solo i singoli redditi (fondiario, di impresa, di lavoro autonomo), si devono considerare non dichiarati.

La fattispecie di omessa dichiarazione deve, dunque, essere riservata solo alle ipotesi più radicali, quali l’assoluta inesistenza del documento o la mancata trasmissione all’ufficio. Infatti è lo stesso tenore letterale dell’art. 1 del DPR 600/1973 che consente di reputare esistente la dichiarazione pur se priva dei dati necessari per la ricostruzione del reddito, laddove contempla che i redditi non indicati si considerano non dichiarati; evenienza che ben può verificarsi non solo relativamente all’omessa indicazione solo di alcuni redditi, ma anche in relazione, addirittura, a tutti i redditi percepiti dal soggetto. Così, nell’ipotesi in cui il contribuente non ometta la dichiarazione, ma provveda invece ad effettuarla, qualora indichi un valore diverso rispetto a quanto dovuto, incorre in errore, oppure nella dichiarazione infedele, qualora l’errore sia voluto, ma non nell’omessa dichiarazione (Cass. n. 10668/2021).

Viene ancora ricordato che in ipotesi di dichiarazione non compilata nel quadro RG/RF (dunque ipotesi assimilabile a quella in esame), la giurisprudenza penale ha ritenuto di contestare il diverso reato di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del DLgs. 74/2000 (Cass. n. 32490/2018). E in tal senso avrebbe dovuto orientarsi – secondo la Cassazione – anche il procedimento in esame.