Del valore dell’azienda fa parte quello dell’avviamento, che si somma al valore degli altri beni in un’operazione che precede la detrazione di passività

Di Redazione Eutekne

Con l’ordinanza n. 4732, depositata ieri, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in caso di cessione d’azienda, il valore dell’avviamento ai fini dell’imposta di registro può essere determinato applicando il metodo forfetario previsto dall’abrogato art. 2 comma 4 DPR 460/96 relativo all’accertamento per adesione. Resta ferma la possibilità per il contribuente di dimostrare un valore inferiore.

Riprendendo quanto espresso in precedenti decisioni (Cass. nn. 8642/201128751/2005), la Suprema Corte, preliminarmente, ha ricordato che l’avviamento è costituito dal maggior valore che il complesso aziendale presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono. Per determinarlo ai fini del registro non assumono rilievo circostanze contingenti, in quanto il valore che deve essere preso in considerazione per la determinazione della base imponibile è il prezzo che il bene ha “in comune commercio” (art. 51 comma 2 del DPR 131/86), ossia quello che il venditore ha la maggiore probabilità di realizzare e l’acquirente di pagare in condizioni normali di mercato, prescindendo, quindi, da situazioni soggettive e momentanee.

Da ciò discende che l’esistenza dell’avviamento non è esclusa dalla sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti, perché del valore complessivo dell’azienda fa parte quello dell’avviamento – costituente una qualità dell’azienda stessa –, che si somma al valore degli altri beni che la compongono in un’operazione che precede la detrazione delle passività, sicché non è escluso né dall’esistenza né dall’ammontare di queste (Cass. n. 10586/2011).
Infatti – precisa la Suprema Corte – “non vi è ragione di escludere che anche un’azienda in perdita possa disporre nel patrimonio di componenti attivi, tra i quali beni immateriali ed avviamento”.

Tanto premesso, la Cassazione ha chiarito che la valutazione dell’avviamento può basarsi sui criteri di valutazione previsti dalla norma, ormai abrogata, sull’accertamento per adesione (art. 2 comma 4 del DPR 460/96), che si fonda sulla percentuale di redditività, posto che il legislatore non ha previsto un metodo alternativo di determinazione di tale valore.

Resta ferma la possibilità per il contribuente di dimostrare un valore inferiore dell’avviamento aziendale rispetto a quello accertato, purché il contribuente non si limiti alla semplice opposizione all’utilizzo di una metodologia di calcolo, ma dimostri l’incoerenza del metodo utilizzato, contestando la valutazione degli elementi di fatto che sono alla base dei criteri utilizzati (Cass. n. 613/2006).