La consapevolezza del fornitore o del cessionario di contribuire alla violazione può integrarsi anche se manca l’ordinaria diligenza richiesta

Di Enrico ZANETTI

Ai sensi dei commi 5 e 6 dell’art. 121 del DL 34/2020, qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, con riguardo alla quale sono state esercitate le opzioni che l’hanno “trasformata” in credito di imposta utilizzabile in compensazione dal fornitore o dal cessionario, oppure da questi cedibile a terzi con possibilità di cessioni ulteriori, l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero dell’importo non spettante nei confronti dei soli soggetti beneficiari della detrazione, fermo restando che, in presenza di concorso nella violazione, si determina la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari.

Se dunque, in via generale, i fornitori e i cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito di imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto (secondo periodo del comma 4 dell’art. 121 del DL 34/2020), la loro responsabilità tributaria si estende anche all’eventuale insussistenza accertata del diritto alla detrazione fiscale che sta “a monte” del credito di imposta (da essi maturato per effetto dello sconto applicato in fattura, oppure da essi acquisito direttamente dal beneficiario della detrazione, dal fornitore che ha applicato lo sconto in fattura, oppure da altro cessionario che lo aveva a sua volta acquisito), qualora si configuri un loro concorso nella violazione.

La circ. Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2020 n. 30 (§ 5.1.9), richiamando sul punto la C.M. 10 luglio 1998 n. 180, ha ricordato che, ai fini della configurabilità del concorso nella violazione, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi della fattispecie:
– una pluralità di soggetti agenti;
– la realizzazione di una fattispecie di reato;
– il contributo di ciascun concorrente alla realizzazione del reato;
– l’elemento soggettivo.

L’elemento soggettivo, presuppone la consapevolezza del fornitore o del cessionario di contribuire, con la propria condotta, alla realizzazione della violazione.
Tale consapevolezza può però integrarsi anche nel caso in cui il fornitore o il cessionario adotti condotte nell’ambito delle quali non sia possibile rinvenire da parte sua il ricorso all’ordinaria diligenza richiesta per evitare la partecipazione a condotte fraudolente.

Ciò risulta particolarmente pregnante con riguardo ai soggetti obbligati al rispetto della normativa antiriciclaggio, con riguardo ai quali il comma 4 dell’art. 122-bis del DL 34/2020 pone un preciso divieto di procedere all’acquisto dei crediti di imposta, laddove sussistano i presupposti per l’obbligo di segnalazione all’UIF di operazione sospetta.

Considerato che l’UIF, già nella sua Comunicazione dell’11 febbraio 2021 evidenziava che l’eventuale natura fittizia dei crediti stessi è da considerarsi elemento rilevante ai fini dell’individuazione delle operazioni sospette, oggetto dell’obbligo di segnalazione all’UIF, pare indubbia la consapevolezza del rischio di concorrere alla realizzazione di una violazione da parte di quegli intermediari finanziari che (in futuro, ma, francamente, anche in passato) acquistassero crediti di imposta senza l’implementazione della benché minima procedura di controllo, mediante risorse interne o l’incarico di advisor esterni, della conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la spettanza della detrazione d’imposta “a monte” del credito.

Sul punto, giova evidenziare che anche la circ. Agenzia delle Entrate 29 novembre 2021 n. 16 (§ 2) afferma che “laddove ricorrano i presupposti per la segnalazione di operazioni sospette, a prescindere dall’effettivo assolvimento del relativo obbligo da parte dei soggetti obbligati […], e ciononostante detti soggetti procedano all’acquisto del credito, tale condotta è valutata anche ai fini del concorso nelle violazioni relative all’utilizzo dei crediti”.