Si può definire danno di speciale tenuità quello cagionato dal fatto di reato globalmente considerato e non quello derivante dal passivo fallimentare

Di Maria Francesca ARTUSI

Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 comma 1 c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo.

In giurisprudenza è stata proprio rimarcata l’esigenza di una ponderata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie, in quanto è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore; “qualunque reato, anche l’omicidio, può essere tenue, come quando la condotta illecita conduce ad abbreviare la vita solo di poco” (Cass. SS.UU. n. 13681/2016).

Il giudice è, pertanto, tenuto a motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile ed invece necessario lo scrutinio delle specifiche circostanze emerse nel procedimento.

Né – al di fuori dei limiti edittali previsti dall’art. 131-bis c.p. – sono ammissibili preclusioni legate al tipo di reato, come si evince dalle decisioni della Corte Costituzionale che hanno ribadito, in aderenza al diritto vivente, la necessità di una valutazione complessiva di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, non solo dell’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto (Corte Cost. nn. 30/2021 e 207/2017).

La sentenza n. 41016 della Corte di Cassazione, depositata ieri, fa applicazione di tali principi ammettendo la rilevanza della particolare tenuità in un caso di bancarotta semplice documentale (art. 217 del RD 267/42).

Il tema della rilevanza del danno nell’ambito del reato di bancarotta documentale è stato elaborato dalla giurisprudenza ai fini dell’applicazione delle circostanze previste dall’art. 219 del RD 267/42. Si può definire danno di speciale tenuità quello cagionato dal fatto di reato globalmente considerato e non quello derivante dal passivo fallimentare. Detto danno deve, perciò, valutarsi sia in relazione all’impossibilità di ricostruire totalmente o parzialmente la situazione contabile dell’impresa fallita o di esercitare le azioni revocatone o altre azioni a tutela dei creditori, sia in relazione alla diminuzione che l’omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo oggetto di riparto tra i creditori (Cass. n. 44443/2012 e Cass. n. 19304/2013).

Pertanto, il danno cagionato dai fatti di bancarotta semplice documentale può consistere nella impossibilità di ricostruire, totalmente o parzialmente, la situazione contabile dell’impresa fallita o di esercitare le azioni revocatone o altre azioni a tutela dei creditori, ovvero dalla diminuzione che l’omessa tenuta dei libri contabili ha determinato nella quota di attivo da ripartirsi fra i creditori. Se il danno causato dall’omissione è di speciale tenuità o, addirittura, non sussiste, il giudice deve concedere l’attenuante prevista dal comma 3 del citato art. 219.

La valutazione dell’esistenza e dell’entità del danno risulta, dunque, anche nelle fattispecie fallimentari documentali necessariamente ancorata alla specifica valutazione di dati obiettivi, evincibili dall’istruttoria dibattimentale e dalle allegazioni delle parti.
Una diversa interpretazione, astrattamente correlata al tipo di reato, finirebbe – secondo la sentenza in commento – per escludere l’applicabilità dell’attenuante in parola e, più in generale, delle circostanze correlate alla dimensione del danno cagionato dal reato.

Tali principi orientano l’interprete anche per la valutazione del danno previsto, quale indicatore che concorre alla definizione di particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., ed anzi sono del tutto in linea con la necessaria verifica, globale e di contesto, che richiede l’applicazione di tale causa di non punibilità.

La Cassazione conclude, così, affermando che in tema di bancarotta documentale la nozione di danno è delimitata al pregiudizio cagionato dal fatto di reato globalmente considerato, da valutarsi sia in relazione all’impossibilità di ricostruire, totalmente o parzialmente, la situazione contabile dell’impresa fallita o di esercitare le azioni revocatone o altre azioni a tutela dei creditori, sia in relazione alla diminuzione che l’omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo oggetto di riparto tra i creditori.