Si spera isolata la pronuncia secondo cui comunque bisogna disconoscere la detrazione

Di Alfio CISSELLO

L’art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97, dopo le modifiche della L. 205/2017, così prevede: “In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro”.

La disciplina si applica ai casi verificatisi prima del 1° gennaio 2018, ossia alla data di entrata in vigore della L. 205/2017 (art. 6 comma 3-bis del DL 34/2019, conv. L. 58/2019).
Si tratta delle fattispecie in cui, a nostro avviso a qualsiasi titolo, viene applicata un’IVA superiore alla dovuta: errore di aliquota, operazioni esenti, non imponibili o escluse.

Con la sentenza n. 28583 dello scorso 18 ottobre, la Corte di Cassazione ha stabilito che, anche prima della L. 205/2017, in ragione del carattere retroattivo dalla norma è illegittimo disconoscere la detrazione come conseguenza dell’applicazione di un’aliquota più elevata.
Trattasi di una conclusione scontata, in quanto altro non fa che riprendere il contenuto normativo.

Si spera rimanga isolato il precedente di cui alla sentenza della Cassazione 21 aprile 2021 n. 10439, ove i giudici avevano sostenuto, in ragione del diritto comunitario, che il richiamato art. 6 comma 6 va interpretato nel senso che, in caso di IVA addebitata in eccesso, rimane fermo il diritto di detrazione dell’importo corretto, e non dell’intero importo addebitato in fattura. Dunque, se, al posto dell’aliquota del 4%, viene operata l’aliquota del 20%, la detrazione spetta nella misura del 4%.
La modifica normativa, invece, opera per le sanzioni, che, nella casistica esposta, non sono proporzionali, ma fisse.
È evidente come l’interpretazione non possa giungere ad azzerare la volontà del legislatore, pertanto si auspica che il precedente rimanga isolato o che, in alternativa, la questione venga semmai rimessa all’esame della Corte di Giustizia.

Un altro problema riguarda le operazioni non imponibili, esenti oppure escluse per le quali il cedente, errando, ha addebitato l’IVA.
Da più parti si ritiene che l’art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97 riguardi il solo caso dell’aliquota applicata in eccesso.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. 3 novembre 2020 n. 24289 sulle operazioni non imponibili) in questo caso ritiene tout court inapplicabile la L. 205/2017, quindi la detrazione viene negata con sanzioni proporzionali (da indebita detrazione e da dichiarazione infedele), il cessionario ripete le somme nei confronti del cedente e questi chiede il rimborso all’Erario.
Rimborso che, spesso, viene negato per decorrenza dei termini, vuoi del vecchio art. 21 del DLgs. 546/92, vuoi del nuovo art. 30-ter del DPR 633/72.

In questo modo permangono le criticità caratterizzanti il sistema ante L. 205/2017, che tale intervento normativo voleva chiaramente sorpassare.