Perseguibilità del risanamento in base al rapporto flussi finanziari attesi/entità dell’indebitamento

Di Antonio NICOTRA e Marco PEZZETTA

Il nuovo decreto dirigenziale applicativo del DL 118/2021 fornisce gli strumenti per una concreta declinazione della procedura di composizione negoziata.
Vengono in rilievo, in primis, i contenuti e le modalità di esecuzione del test pratico per la verifica della perseguibilità del risanamento attraverso la continuità (diretta o indiretta) dell’impresa in crisi o in twilight-zone, condizione necessaria per accedere alla procedura.

L’impianto del test appare solido e utilizzabile dalle imprese anche di dimensioni più contenute, oltreché coerente con le finalità dell’istituto.
Traspare dal decreto che gli esiti del test hanno valenza indicativa e che le competenze dell’esperto si renderanno necessarie per confermarne l’attendibilità o per tenere conto di elementi “non standard” che influiscono sul giudizio prognostico, dovendosi così escludere, presumibilmente, l’applicazione automatica e rigida del test (e/o dei suoi esiti) nei casi in cui, in base all’expertise professionale, ciò porti a distorsioni nel rispetto dei principi e della ratio di legge.

L’elemento chiave da cui desumere la perseguibilità del risanamento è dato dal rapporto fra flussi finanziari liberi attesi ed entità dell’indebitamento da rimborsare con essi. Il decreto contempla una sorta di rule of thumb in grado di orientare gli operatori per comprendere se il risanamento in continuità sia o meno ragionevole e per guidare il processo di strutturazione della proposta da formulare, previa “validazione” ed eventuale intervento dell’esperto, ai creditori.

In tal senso, si legge che se il rapporto (flussi finanziari-debito) si attesta su valori non superiori a 2 – ciò significa, in sostanza, che dovrebbero essere sufficienti 2 anni per ripagare l’intero indebitamento – il risanamento dovrebbe essere ragionevolmente perseguibile senza particolari manovre industriali o finanziarie, né operazioni straordinarie. In tal caso, la formulazione della proposta potrebbe prescindere dalla redazione di un vero piano aziendale, in quanto un’attendibile previsione dei flussi realizzabili dall’impresa “as is” sarebbe probabilmente in grado di dimostrare la ripristinabilità dell’equilibrio finanziario.

Se l’indice è superiore a 2, ma non a 3, il risanamento dipende dall’esito delle iniziative industriali da adottare, per la descrizione delle quali, in termini qualitativi e quantitativi, è necessario (salvi casi particolari) un piano di impresa, secondo le indicazioni della check-list (sezione 2 del decreto); queste ultime, pur se rappresentative delle best practice in materia, dovranno sempre essere apprezzate criticamente dall’esperto in relazione al caso di specie per tenere conto di eventuali variabili rilevanti non considerate.

Qualora l’indice sia superiore e, ad esempio, raggiunga la fascia 5-6, si suppone che l’impresa sarà in grado di ripianare l’indebitamento solo per mezzo della continuità indiretta e il trasferimento dell’azienda (o di suoi rami) in funzionamento.

Tutte le situazioni in esame presuppongono, in linea di principio, la sussistenza dell’equilibrio reddituale e quindi un margine operativo lordo dell’impresa maggiore di zero, in quanto, in caso contrario, ancor prima dell’equilibrio finanziario, mancherebbe l’equilibrio economico e le prospettive di risanamento sarebbero remote, a meno che non si ricorra a ristrutturazioni del modello di business, in termini dimensionali e qualitativi, che di norma richiedono operazioni di finanza straordinaria e/o di restructuring (poco conciliabili con la composizione assistita, salvo che essa non sia il primo passo per addivenire “senza soluzioni di continuità” a quadri di risanamento più formali).

Il numeratore dell’indice (i flussi finanziari liberi attesi a servizio del debito) va calcolato partendo dal margine operativo lordo (normalizzato) e deducendo da esso i capex di mantenimento e le imposte sul reddito.

Il denominatore (debiti da rimborsare) va invece determinato come somma di:
– debito scaduto (con separata indicazione delle iscrizioni a ruolo);
– debito già riscadenziato o oggetto di moratoria;
– affidamenti bancari di cui si non prevede il rinnovo o di cui si prevede la revoca;
– rate di finanziamenti in scadenza nei successivi 2 anni;
– capex derivanti dal piano industriale (quindi diversi da quelli di mero mantenimento)
da cui vanno dedotti:
– flussi di cassa attesi dalla vendita di asset o business non strategici/coerenti con il piano industriale che si intende adottare;
– nuova finanza sotto forma di apporti capitale di rischio e di debito (anche postergati).
A questa somma è aggiunta la deduzione (dai debiti) della “stima dell’eventuale margine operativo netto negativo nel 1° anno, comprensivo dei componenti non ricorrenti”. Si tratta – verosimilmente – di un refuso, posto che da un MOL negativo atteso deriverà, ceteris paribus, un incremento dell’esposizione debitoria.

Ai fini del test, dall’entità dell’indebitamento può essere dedotto l’importo di eventuali stralci attesi (condizione che dovrà essere vagliata dall’esperto).