L’attestazione dello stato legittimo è ostacolo delle detrazioni «edilizie» diverse dal superbonus

Di Marco GALLEA

Le difformità edilizie sono numerosissime e per gran parte sconosciute ai proprietari, i quali spesso non sono gli autori delle stesse (si pensi agli abusi edilizi realizzati negli anni Settanta e Ottanta che possono emergere soltanto nel momento in cui oggi si intenda procedere alla cessione dell’immobile).

Gran parte degli immobili difformi non sono regolarizzabili con le regole attuali e, anche se essi sono tecnicamente vendibili, il loro valore è pesantemente inciso dalla presenza di tali irregolarità (anche se risalenti negli anni). In alcune Regioni poi, le norme regionali parificano le piccole difformità all’abuso totale per gli immobili siti in zone “paesaggisticamente vincolate”, anche se tali fabbricati sono di nessun pregio architettonico e hanno difformità visibili “solo dai droni”.

Inizialmente lo “stato legittimo” è stato un freno per il superbonus 110% di cui all’art. 119 del DL 34/2020, ma in seguito all’emanazione del DL 77/2021, soltanto per gli interventi agevolati con la detrazione del 110%, l’attestazione dello “stato legittimo” dei fabbricati è stata sostituita con l’indicazione del titolo che ha abilitato la costruzione (art. 119 comma 13-ter del DL 34/2020). In ogni caso, il superbonus rimane precluso per gli immobili “totalmente abusivi”.

Infatti, preso atto che il proprietario di “immobile difforme” presentando la CILA per realizzare i lavori di fatto si autodenunciava (gli elaborati progettuali non potevano infatti che rappresentare l’esatto stato attuale del fabbricato e quindi uno stato difforme da quanto depositato negli archivi comunali), derogando alla consolidata prassi, si è aggirato il problema approvando uno specifico modulo “CILAS” (CILA semplificata superbonus) e prevedendo che in esso gli interventi siano solo descritti e non rappresentati in tavole progettuali (solo facoltative).

Tutte le semplificazioni via via adottate, tuttavia, non hanno modificato il potere di controllo della regolarità edilizia da parte dei Comuni, anche se diversi Comuni (liguri e siciliani ad esempio) hanno emanato direttive affinché l’effettuazione degli interventi agevolati con superbonus 110% non sia “l’impulso” a controlli sul pregresso (si veda “Nessuna «autodenuncia» con la CILA superbonus” del 3 settembre 2021).

Si ricorda che, affinché siano regolarizzabili, occorre che le difformità rientrino nella tolleranza del 2% o che si rispetti la c.d. “doppia conformità”, che si ha solo se gli interventi a suo tempo fatti sono conformi sia “alle normative vigenti al momento in cui il lavoro era stato fatto” sia “alle norme urbanistiche di oggi”. In assenza di “tolleranza 2%” o di c.d. “doppia conformità”, in caso di controlli, incombe sul proprietario il rischio di essere chiamato fino anche a demolire le porzioni difformi (è difficile immaginare uno scenario ove porzioni di immobili sui quali sono state investite risorse pubbliche vengano demoliti).

Qualche perplessità suscita poi l’esiguità della percentuale di tolleranza al 2%, quanto la “doppia conformità”: non si capisce infatti per quale ragione non possa essere oggi regolarizzato, ad esempio, un abuso/difformità realizzato venti o sessanta anni fa, se quanto fatto in passato era legittimamente realizzabile in base alla normativa vigente (ma non risultante dalla “carta”), ma che non era stato regolarizzato dal punto di vista formale-burocratico, oppure un intervento eseguito diversi anni fa in difformità dalla normativa allora vigente che oggi potrebbe essere realizzabile in base all’attuale disciplina.

La “conformità semplice”(o “pregressa” o “attuale”) non sarebbe quindi un condono, ma un ragionevole compromesso fra “rigoristi” e “realisti” che renderebbe vendibili senza penalizzazioni gli immobili con difformità “accettabili” ed eviterebbe la decadenza delle detrazioni diverse dal superbonus per interventi fatti su tali fabbricati.