I requisiti di accesso alle procedure depotenziano la portata dei nuovi istituti

Di Alessandro BAUDINO, Roberto FRASCINELLI e Paolo VERNERO

Tra le disposizioni che disciplinano la procedura di composizione negoziata della crisi spiccano quelle dirette ad agevolare la cessione a terzi dell’azienda o di rami della stessa, nella prospettiva di salvaguardarne il valore (a miglior soddisfazione dei creditori) e preservare per quanto possibile i livelli occupazionali.

E infatti:
– nell’ipotesi in cui le trattative abbiano avuto esito positivo e la soluzione individuata per il superamento della crisi e il risanamento dell’impresa preveda il trasferimento dell’azienda o di rami di essa (art. 2, comma 2), il tribunale, a norma dell’art. 10, può “autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile”, ferma restando l’applicazione dell’articolo 2112 c.c. con riferimento ai rapporti di lavoro;

– nell’ipotesi in cui l’esperto, nella sua relazione finale, dichiari invece, a norma dell’art. 18, comma 1, che le trattative hanno avuto esito negativo, l’imprenditore, qualora l’azienda abbia ancora un mercato ed esistano potenziali acquirenti, può proporre (a norma dell’art. 18) un concordato semplificato misto, in continuità indiretta. In questo caso il piano di liquidazione può comprendere “un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore (…) dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni” e può prevedere altresì “che l’offerta (…) debba essere accettata prima della omologazione”. In quest’ultima ipotesi all’offerta e alla vendita dà corso l’ausiliario nominato dal tribunale a seguito del deposito della proposta di concordato, “previa autorizzazione del tribunale” e “verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato”.

Paradossalmente, invece, nel caso in cui esistano offerte di terzi interessati ad acquistare l’azienda o rami della stessa ma la crisi risulti già irreversibile, l’accesso alla procedura di composizione negoziata è precluso (non sussistendo il presupposto della possibilità di risanamento, richiesto dall’art. 2, comma 1, come requisito di accesso alla procedura); così come è precluso il ricorso alla procedura di concordato semplificato, che è prevista solo come sbocco della procedura di composizione negoziata, nel caso di esito negativo della stessa.

Ora, se la cessione dell’azienda è prevista – con il percorso tracciato dagli artt. 2, 5 e ss., 18 e 19 – nell’ipotesi in cui l’irreversibilità della crisi emerga nel corso delle trattative e le stesse non giungano a conclusione, non si vede perché lo stesso percorso non possa essere utilizzato nel caso in cui la crisi appaia già irreversibile ma ciononostante esistano terzi soggetti interessati a rilevare l’azienda o rami di essa.
L’estensione a quest’ultima ipotesi delle procedure di composizione negoziata e di concordato liquidatorio consentirebbe di superare i numerosi ostacoli che rendono oggi ardua la possibilità di collocare efficacemente sul mercato le aziende delle società in crisi nell’ambito delle procedure concordatarie e fallimentari previste dalla L. fall.

E infatti, si potrebbero ottenere i seguenti, significativi vantaggi:
– la responsabilità per la gestione dell’impresa rimarrebbe, sino alla vendita, in capo all’imprenditore (ai sensi dell’art. 9), sotto la vigilanza dell’esperto;
– nell’ambito della procedura di composizione negoziata l’esperto avrebbe già modo di verificare la genuinità delle offerte di acquisto e la convenienza (per creditori, lavoratori e altri interessati) delle condizioni di vendita, in una fase ancora negoziale, caratterizzata da velocità e flessibilità;
– con l’avvio della procedura potrebbero essere emanate le misure protettive eventualmente necessarie per preservare l’integrità e il valore dell’azienda;
– la vendita si realizzerebbe in tempi brevi, e all’esito di una procedura snella e poco costosa, ma sempre nel rispetto delle esigenze di trasparenza e competitività;
– la vendita avverrebbe inoltre con totale sicurezza per l’acquirente, in quanto sarebbe assoggettata alle tutele di cui all’art. 182 L. fall. (espressamente richiamato dall’art. 19, comma 1 del DL Crisi), che esclude – salva diversa convenzione – la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento.

Per conseguire questi risultati sarebbe sufficiente apportare al DL 118/2021, in sede di conversione, alcune minime integrazioni, senza stravolgerne l’impianto, ma semplicemente eliminando lo sbarramento all’accesso da parte delle imprese in situazione di crisi irreversibile nelle ipotesi in cui sussistano concrete possibilità di cedere l’azienda o rami di essa: in questo modo si offrirebbe lo strumento con cui attuare in modo rapido, flessibile e poco traumatico la “distruzione creativa” preannunciata dal G30 e allo stesso tempo si perseguirebbero efficacemente gli obiettivi, imposti dalla Direttiva 1023/2019 Ue, di salvaguardare il valore economico, sociale e erariale dell’azienda e i livelli occupazionali.