Urge il superamento dei formalismi sulla garanzia valorizzando l’effettiva spettanza del credito IVA

Di Fabio Tullio COALOA e Andrea BONARIA

Con l’ordinanza 25 giugno 2021 n. 18350, la Cassazione predica ancora una volta la sua posizione sugli effetti dell’omessa/incapiente presentazione della garanzia di cui all’art. 38-bis del DPR 633/72 da parte della controllante che ha optato per la liquidazione IVA di gruppo ai sensi dell’art. 73 del DPR 633/72 e dell’art. 6 del DM 11065/79, utilizzando in compensazione tutto o parte del credito IVA trasferito dalla controllata.

La Suprema Corte ritiene legittimo in tali circostanze il recupero dell’IVA che risulterebbe non versata, anche in assenza di effettiva perdita di gettito laddove il credito trasferito al gruppo risulti realmente esistente, con ulteriore inevitabile applicazione della sanzione per omesso versamento ex art. 13 del DLgs. 471/97.
In particolare, la fattispecie esaminata originava da un accertamento tramite il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava il credito IVA 2006 compensato dalla consolidante, posto che la garanzia ex art. 38-bis del DPR 633/72 ne copriva solo una parte: il credito apportato, tuttavia, non era stato accertato entro il termine decadenziale.

Il regime della liquidazione IVA di gruppo consente di compensare i crediti e i debiti IVA dei partecipanti in possesso di specifici requisiti, con facoltà della capogruppo di compensare orizzontalmente il credito IVA trasferito al gruppo: l’art. 6 del DM n. 11065/79 prevede che la società il cui credito da rimborso sia trasferito alla consolidante debba prestare garanzia nelle forme dell’art. 38-bis del DPR 633/72, precisando che in difetto l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate dev’essere versato.
Il regime in parola produce l’effetto di un rimborso “iperaccelerato” senza controlli sostanziali sul credito trasferito e pertanto l’eventuale pronto rientro di tali somme – usate per estinguere debiti che avrebbero dovuto essere altrimenti pagati – dev’essere garantito nei limiti in cui tali crediti abbiano concorso alla compensazione (cfr. R.M. n. 365025/1987).

L’attenzione della Cassazione si è da tempo polarizzata sulla natura della garanzia prestata in seno a detta procedura. Secondo un primo orientamento – ormai esplicitamente rinnegato – questa avrebbe funzione cautelare, onde evitare l’eventuale sottrazione di materia imponibile in caso di successivo accertamento dell’inesistenza del credito trasferito. Pertanto, ove fosse spirato il termine per l’accertamento sull’esistenza di detta posta, la garanzia risulterebbe priva di causa, dal che deriverebbe l’illegittimità dell’obbligo di versamento IVA con sanzioni: del resto, l’omessa garanzia non produce alcuna logica certezza di non spettanza del rimborso del credito trasferito e, quindi, di illegittimità della compensazione, ipotesi, appunto, che andrebbero verificate nel merito (Cass. nn. 28689/200521515/2010).

L’orientamento maggioritario, invece, ritiene che, avendo la prestazione della garanzia sul credito natura costitutiva ai fini della compensazione del saldo della liquidazione IVA di gruppo (Cass. nn. 8534/20144843/2015), la relativa mancata/inesatta prestazione determina effetti estintivi ex tunc sulla compensazione, che risulterebbe effettuata all’infuori dei casi specificamente previsti (Cass. n. 3096/2019) e pertanto soggetta a sanzione (Cass. n. 15060/2014): facendo affidamento sulla garanzia del contribuente, l’Ufficio non avrebbe immediato interesse al controllo preventivo dell’esistenza del credito, salvo che al momento in cui, accertatane l’inesistenza, si vedesse costretto a escutere la garanzia (Cass. n. 15363/2020).
Da questi principi, l’ordinanza in commento conferma che la garanzia non riveste natura esclusivamente cautelare, circostanza dalla quale deriva l’infondatezza del pregresso opposto orientamento, che non potrebbe recuperare vigore neanche in ipotesi di decadenza dal potere di accertamento sul credito IVA trasferito.

Tra le varie critiche avanzate negli anni, dal mancato rispetto del principio di proporzionalità comunitario in tema di IVA, all’omessa considerazione del riformato regime delle garanzie nei rimborsi IVA – che non è più sbilanciato sull’esclusiva tutela delle ragioni erariali – all’applicazione della sanzione per omesso versamento in violazione del principio di legalità, varrebbe la pena riflettere sul fatto che è la stessa giurisprudenza di vertice a suggerire la restituzione del versamento IVA ove l’accertamento sull’esistenza del credito trasferito fosse positivo (Cass. n. 4843/2015), tant’è che l’Agenzia ha confermato il ripristino del credito IVA in capo alla consolidante in ipotesi di ravvedimento sull’omessa presentazione della garanzia (risposta a interpello n. 164/2020).

Va rivisto, quindi, l’approccio inutilmente formale consistente nel pretendere il versamento dell’IVA con relative sanzioni, escludendo, a priori, la verifica di merito sulla spettanza del credito: trattasi, peraltro, di un’attività che ben potrebbe svolgersi in giudizio (Cass. SS.UU. n. 13378/2016) e indipendentemente dall’intervenuta decadenza dall’accertamento (Cass. SS.UU. n. 5069/2016).