L’omissione del fondo rischi determina l’inammissibilità della proposta

Di Francesco DIANA e Antonio NICOTRA

L’esistenza di crediti oggetto di contestazione giudiziale, nel concordato preventivo, impone la necessità del loro inserimento in una delle classi omogenee previste dalla proposta, ovvero in apposita classe a essi riservata, anche al fine di soddisfare l’esigenza di informazione dell’intero ceto creditorio (Cass. nn. 5689/201713284/2012 e 13285/2012).

La ragione del principio, che pone un obbligo specifico in capo al debitore circa il loro inserimento e uno specifico potere di controllo critico in capo al tribunale circa la regolarità della procedura, risponde a una duplice evidenza.
Innanzitutto, l’omissione pregiudica gli interessi di coloro che non dispongono ancora dell’accertamento definitivo dei propri diritti, ma che, tuttavia, possono essere ammessi provvisoriamente al voto, prevedendo uno specifico trattamento per l’ipotesi in cui le pretese siano confermate o modificate in sede giurisdizionale.

In secondo luogo, verrebbero alterate le previsioni del piano di soddisfacimento degli altri creditori, i quali non sarebbero in grado di compiere valutazioni prognostiche corrette e di esprimersi in modo pienamente informato circa il proprio voto. La presenza di crediti contestati, infatti, si riflette inevitabilmente sull’entità dei flussi che possono rendersi necessari per la loro soddisfazione e, quindi, sulla possibilità di valutare l’idoneo stanziamento di un congruo fondo rischi.

In merito, è bene evidenziare che, fermo il principio per il quale spetta al debitore, nel predisporre il piano, dover decidere l’an e il quantum del credito da soddisfare, il tribunale ha il potere di disporre e di quantificare gli accantonamenti, così come – al contrario – di non prescriverli, ove reputi, all’esito di una valutazione di natura incidentale, che il credito o i crediti contestati non siano esistenti e ciò anche allo scopo di evitare la paralisi della procedura in virtù di una pretesa creditoria che risulti poi infondata.

Nell’ipotesi in cui la contestazione riguardi, invece, un credito tributario, operando la norma speciale di cui all’art. 90 DPR 602/1973, il tribunale deve disporre in via provvisoria l’accantonamento delle relative somme (Cass. n. 15414/2018).

I confini della questione assumono ulteriore specificità allorquando tale credito tributario contestato trovi titolo in un accertamento, confermato con sentenza di primo grado esecutiva.
Sul punto, il Tribunale di Bari 3 maggio 2021 ha ritenuto che, a seguito della sentenza di primo grado, la cui cogenza non consente di valutare il credito come rischio solo “possibile”, il debitore non può in alcun modo omettere di appostarlo nel fondo rischi, pena l’inammissibilità della proposta (tra l’altro, nella specie, il credito era caratterizzato da una stima attendibile).
Inoltre – osservano i giudici – l’elaborazione di un piano che si fondi su una situazione patrimoniale redatta in difformità ai principi che regolano la predisposizione dei bilanci implica, di per sé, una violazione di legge, che integra un’ipotesi di non fattibilità giuridica del piano stesso.

La pronuncia in esame attribuisce particolare rilievo alla situazione patrimoniale, economica e finanziaria (art. 161 comma 2 lett. a) L. fall.) e ai principi che ne regolano la redazione, dovendo ritenersi che la disciplina del bilancio di esercizio debba applicarsi in quanto compatibile.
Il riferimento principale, nel caso di specie, è all’art. 2424-bis comma 3 c.c. e al principio contabile OIC 31, i quali pongono la necessità di stanziare un congruo fondo rischi in ragione delle somme che si prevede di pagare, ove si rilevi l’insorgenza di una perdita o di un debito dall’esistenza certa o probabile, ma indeterminato nell’ammontare o nel momento di esigibilità.

Il punto chiave è rappresentato dalla probabilità di accadimento dell’evento sfavorevole che genera la passività potenziale e che, a seconda del grado – probabile, possibile o remoto – richiederà un diverso trattamento all’interno della situazione patrimoniale e un diverso corredo informativo da fornire ai creditori.
Ne deriva – come osservato dai giudici – che, in virtù del principio della prudenza, se il rischio di accadimento dell’evento negativo associato alla passività potenziale è probabile, si rende necessaria l’iscrizione nel fondo rischi; viceversa, se il rischio di accadimento è solo possibile, allora si prevede una sua compiuta illustrazione nella nota integrativa.

Sul tema delle passività potenziali, la pronuncia consente un richiamo anche alle funzioni proprie dell’attestatore, tenuto a evidenziare adeguatamente tutti i potenziali rischi per i creditori, nonché a procedere, tra l’altro, a un’attenta indagine in ordine a tutte le passività potenziali da stratificare secondo la loro probabilità di accadimento (cfr. documento del CNDCEC 16 dicembre 2020 § 4.7.2).
Pur in presenza di una expertise legale favorevole al debitore, infatti, l’attestatore è tenuto a rappresentare tutti i rischi e gli scenari possibili associati al loro avverarsi, in modo da evidenziare in modo compiuto e fedele ai creditori la portata delle controversie in corso.