La Relazione della Commissione interministeriale non affronta la questione relativa alla tutela cautelare nel procedimento

Di Carlo NOCERA

Nella corposa Relazione della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria va segnalato il silenzio totale su un dato che, all’opposto, fa veramente rumore: il nodo “sospensioni” già affrontato, dati statistici alla mano, su Eutekne.info.
Appare singolare che nell’ambito del, comunque, pregevole documento non vi sia nemmeno una menzione per la problematica in esame: eppure i componenti hanno individuato puntualmente le principali criticità della giustizia tributaria analizzando anche le modalità attraverso le quali “Apprestare migliori difese processuali degli interessi in gioco”.

Sulla questione delle sospensioni cautelari, però, nulla: un silenzio che lascia perplessi per più di un motivo.
Il primo: i lavori della Commissione sono stati avviati in un contesto in cui la congiuntura economica non ha bisogno di commenti, alla quale cerca di fare fronte un legislatore che continua a differire scadenze di pagamento per cartelle e rateazioni.

Il secondo: i dati aggiornati relativi all’andamento delle decisioni dei giudici tributari per il 2020, anche se erano già sufficienti quelli commentati per il 2019 (si veda “Sospensioni con scarso appeal per i giudici tributari” del 22 aprile 2021), che confermano, ampliandolo, questo vulnus del procedimento di merito.

In questa sede non si intende certo criticare l’operato della Commissione, ma se ci si sofferma, condivisibilmente, sulle criticità della giustizia tributaria, sull’urgenza del decidere e sulle modalità attraverso le quali assicurare la specializzazione dei giudici tributari, non si può ignorare la debolezza del procedimento giurisdizionale nella tutela cautelare, che penalizza sistematicamente una soltanto delle parti in causa.

Eppure, la problematica è datata: la Cassazione già nel 2010, con la sentenza n. 8510 (successivamente, conforme, Cass. n. 6911/2013), aveva affermato che si può comunque decidere senza ritardo il merito della causa senza provvedere sull’istanza di sospensione posto che la perdita di efficacia del provvedimento cautelare avviene con la pubblicazione della sentenza di primo grado destinata ad assorbirne gli effetti, “sicché non è ipotizzabile alcun pregiudizio per la mancata decisione sull’istanza cautelare che, seppure fosse stata favorevole, sarebbe rimasta travolta dalla decisione di merito”.
Si è così venuta a formare una giurisprudenza la quale sostiene che, qualora il giudice ometta di pronunciarsi sulla richiesta di sospensiva e la esamini in sede di discussione sul merito, la sentenza è da ritenersi valida a condizione che il merito sia deciso in tempi ragionevoli.

E qui si innesta la problematica del “tempo medio” del processo tributario che, come è stato fatto rilevare (si veda “Anche nel 2020 tempi «biblici» di durata media del processo tributario” del 19 giugno 2021), per il 2020 è stato di 631,3 giorni.

La Commissione, che si è arrestata alla disamina dei dati sino al 2019, di fronte a 608,2 giorni di durata media del processo in C.T. Prov. afferma che “dal 2011 al 2019 il tempo medio del giudizio in CTP è diminuito di 295 giorni (-32,66%)” ed esprime soddisfazione in quanto “Dalla disamina della tabelle sopra riportate emerge che ben il 60% delle Commissioni tributarie provinciali garantisce la sentenza entro l’anno, dato che denota un efficiente funzionamento del primo grado di merito”.
Punti di vista, certamente: ma i numeri del 2020 sono indicativi e dicono che, lo si ripete, a fronte di una durata media di 631 giorni, su scala nazionale ben 15 C.T. Prov. mostrano tempi del processo di primo grado superiori a 750 giorni e che ben 33 C.T. Prov. su 79 hanno un tempo medio superiore a un anno.

La violazione dei diritti di difesa del contribuente è dunque innegabile, in quanto derivante dall’attuale assetto e andamento della giustizia tributaria.
Confermata, ancora una volta impietosamente, dai dati: se nel 2019 a fronte di 63.592 istanze di sospensione presentate ne erano state decise 25.044, pari al 39,38%, nel 2020 in piena emergenza ne sono state presentate 44.515 e ne sono state decise 15.594, con una percentuale che scende al 35%.

La dolente consapevolezza di questo stato di cose ha infatti determinato anche la circostanza che nel 2020 solo il 40% dei ricorsi presentati recano un’istanza di sospensione, nel 2019 erano oltre il 44% e nel 2018 quasi il 48%: effetto indotto da una tutela che da molti viene giustamente percepita soltanto “sulla carta”.