Ai fini dell’imposta di registro, l’avviamento rileva e può essere usato il criterio matematico

Di Francesco BRANDI

Ai fini del calcolo dell’imposta di registro, nella valutazione dell’azienda al momento della sua cessione, va considerato l’avviamento anche se il settore in cui opera l’impresa è in crisi.
A sancirlo è la Cassazione che, con l’ordinanza n. 15888 dell’8 giugno 2021, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della C.T. Reg.

Materia del contendere erano la cessione di un complesso termale e il relativo avviso di liquidazione dell’imposta di registro che l’Agenzia delle Entrate notificava alla società.
Sia per la C.T. Prov. che per la C.T. Reg., che hanno accolto la tesi della contribuente, il valore dei beni immobili trascura la peculiarità della destinazione d’uso, per finalità unicamente termali, che ne riduce drasticamente il valore commerciale in termini sia di ampiezza dei potenziali acquirenti, sia di appetibilità commerciale pura e semplice. Allo stesso modo, l’affitto di azienda precedente il fallimento non denota l’esistenza di un avviamento commerciale.

Col proprio ricorso in Cassazione, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione dell’art. 2555 c.c. e dell’art. 43 del DPR 131/1986: secondo l’ufficio la sentenza del giudice tributario, nel considerare l’affitto di azienda come remunerativo dei soli beni aziendali e nell’escludere l’avviamento, nega il concetto stesso di azienda.

La Corte ritiene fondata l’istanza dell’Amministrazione perché la Commissione regionale non si è attenuta alle indicazioni della giurisprudenza di legittimità nonché al disposto dell’art. 51, comma 4 del DPR 131/86 che impongono, nel calcolare l’imposta di registro, di considerare l’avviamento nella valutazione di un’azienda al momento della sua cessione, non potendosi escludere l’esistenza dello stesso in ragione della sola circostanza della crisi del settore termale.
Del resto, in tema di cessione d’azienda deve essere considerato nel valore della stessa, per la determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, e calcolato secondo i parametri dell’art. 51 comma 4 del DPR n. 131/86, l’avviamento commerciale, ossia la capacità di profitto dell’azienda trasferita (cfr. Cass. n. 25448/2018).

Sul punto si ricorda comunque che la Cassazione considera rilevante anche l’avviamento negativo. Infatti, la sentenza n. 979/2018, in relazione al caso in cui il badwill (avviamento negativo) venga iscritto a titolo originario in contabilità proprio in occasione della cessione dell’azienda, osserva che non è da considerarsi dirimente, in senso contrario, la circostanza che la norma preveda la decurtazione delle sole passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa, perché una cosa sono le passività già prodottesi e quindi rappresentative di componenti patrimoniali negative incluse nella somma delle singole poste, mentre altra cosa sono le perdite future, di cui è appunto espressione numerica il badwill.

E questa soluzione muove proprio dall’assunto fondamentale per cui l’avviamento è una “qualità intrinseca” dell’azienda trasferita, tanto se positivo quanto se negativo. Il valore dell’azienda può quindi correttamente risultare in concreto condizionato dall’aspettativa di risultati negativi negli esercizi successivi al trasferimento.