Il giudizio non viene svolto in astratto, ma consultando la documentazione per verificare quale sia stato in concreto il modo di vigilare di questo organo

Di Ciro SANTORIELLO

Nell’ambito di un importante processo avente ad oggetto numerose contestazioni per reati di corruzione, truffa ed indebita percezione di contributi commessi nell’ambito di strutture sanitarie convenzionate con il servizio pubblico, il Tribunale di Viterbo ha affrontato il tema della responsabilità di diversi enti e società favorite da queste condotte delittuose. Con riferimento ad una di queste imprese, la sentenza, depositata il 29 luglio 2019, esclude la responsabilità dell’ente sulla scorta di alcune riflessioni che si presentano di particolare interesse.

In primo luogo, va segnalato come il giudice fondi la sua valutazione sul modello organizzativo adottato dall’azienda essenzialmente sul ruolo e sulla capacità dei componenti dell’organismo di vigilanza (per analoga valorizzazione, ma con giudizio opposto, della rilevanza del comportamento dell’OdV ai fini della valutazione di idoneità del modello, cfr. Trib. Milano n. 10748/20 del 7 aprile 2021). Va richiamata l’attenzione sulla circostanza che questo giudizio sull’operato dell’OdV non viene svolto in astratto ed in generale, ma consultando la documentazione (verbali delle riunioni, relazioni annuali nei confronti del consiglio di amministrazione ecc.) onde verificare quale sia stato in concreto il modo di vigilare di questo organo. Si richiama quindi l’importanza, per i componenti dell’Organismo in parola, di documentare adeguatamente le loro attività, circostanza che non sempre si riscontra.

In secondo luogo, il tribunale ha verificato, con esito positivo, l’esistenza di adeguati flussi informativi tra l’OdV e soggetti interni all’azienda, come l’internal audit. Anche in questo caso, si tratta di considerazioni da tempo sollecitate in dottrina: l’Organismo di Vigilanza non può essere considerato quale soggetto completamente esterno all’azienda avulso dal suo funzionamento, sicché non si può prescindere dalla predisposizione, che deve essere presente all’interno del modello organizzativo, delle modalità con cui l’OdV va portato a conoscenza di fatti di interesse nell’ottica del DLgs. 231/2001.

In quest’ottica, peraltro, pare corretto evidenziare, come fa appunto la sentenza in parola, come i flussi informativi devono essere – oltre che periodici e a evento – anche inerenti gli specifici fattori di rischio che possono coinvolgere l’impresa; per cui, nel caso di specie, particolarmente apprezzata è stata la circostanza che i flussi informativi facessero particolare riferimento al settore attinente alle aggiudicazioni delle gare, in relazione al quale era prevista l’ostensione dei documenti per verificare la regolarità delle procedure seguite.

Infine, la sentenza riconosce adeguata e assoluta rilevanza alla disponibilità in capo all’Organismo di Vigilanza di un adeguato budget per lo svolgimento dei propri compiti, in particolare per l’effettuazione di controlli e verifiche “a sorpresa” ovvero l’effettuazione di controlli la cui gestione è rimessa interamente ed unicamente all’OdV che di conseguenza, anche per garantirne la segretezza, deve sostenerne i costi, senza dover rivolgersi proprie strutture dell’azienda.

Infine, di particolare rilievo è una considerazione che la sentenza svolge con riferimento ad un’altra società la cui responsabilità è esclusa in ragione della particolare natura e complessità del reato presupposto “che non poteva di certo essere prevenuta attraverso l’introduzione di un modello organizzativo”. Secondo i giudici, la qualificazione giuridica di determinati comportamenti assumeva rilevanza penale sulla base di una disciplina normativa ed amministrativa regionale del tutto farraginosa e spesso assai poco intellegibile; questa circostanza, dunque giustificherebbe (in considerazione del fatto della vicenda si era verificata subito dopo l’entrata in vigore del DLgs. 231/2001) una conclusione in termini di “non colpevolezza” della società, quasi che non possa pretendersi che la società si doti di modelli organizzativi adeguati a prevenire condotte delittuose particolarmente complesse e fraudolente.

Si tratta forse dell’unico profilo di criticità della decisione, anche perché la sentenza non motiva ampiamente sul punto; in ogni caso non è da escludere che rilevanza decisiva nella pronuncia di assoluzione sia stata rivestita dalla menzionata circostanza che i fatti furono commessi subito dopo l’entrata in vigore della nuova normativa, senza quindi che la società avesse un adeguato termine per adeguarsi ai nuovi obblighi.