Nella relazione al bilancio devono illustrare i criteri seguiti dagli amministratori e attestare che la rivalutazione non eccede il limite

Di Ermando BOZZA

L’art. 110 del DL 104/2020 (cosiddetto decreto “Agosto”, conv. L. 126/2020) ha reintrodotto la possibilità per le imprese di rivalutare, nel bilancio 2020, le immobilizzazioni materiali, immateriali e le partecipazioni di controllo e collegamento. Rispetto alle precedenti leggi in materia, due sono le principali novità che rendono l’attuale rivalutazione particolarmente appetibile: la possibilità di operarla ai soli fini civilistici o anche con valenza fiscale (mediante assolvimento di un’imposta sostitutiva del 3%) e quella di effettuare la rivalutazione per singolo bene e non necessariamente con riferimento all’intera “categoria omogenea” ex DM 162/2001. Detti vantaggi, unitamente all’esigenza di patrimonializzazione delle società generatasi a causa degli effetti della crisi pandemica COVID-19, stanno determinando un ricorso diffuso alla rivalutazione in esame.

Sulla rivalutazione i sindaci sono chiamati, per effetto dell’espresso richiamo fatto dal comma 7 dell’art. 110 all’art. 11 della L. 342/2000, a indicare e motivare nella loro relazione al bilancio i criteri seguiti dagli amministratori nella rivalutazione dei beni e ad attestare che la stessa non eccede il limite di valore consentito dalla legge di rivalutazione di riferimento.

A fronte della possibilità di derogare al criterio del costo, il legislatore impone, quindi, un’attività di controllo da parte dei sindaci molto puntuale e circostanziata nonché una loro esplicita attestazione nella relazione al bilancio. In aggiunta, infatti, allo svolgimento delle specifiche procedure di revisione sul bilancio, sarà l’organo di controllo (anche laddove non incaricato della revisione legale) a dover attestare che i valori iscritti in bilancio non eccedano quelli “effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri”. In tema di responsabilità giova ricordare che l’art. 2407 c.c. dispone espressamente che “i sindaci sono responsabili della verità delle loro attestazioni”.

Il quadro delineato fa sì che i sindaci, prima di procedere alla redazione della relazione ai soci ex art. 2429 c.c. (nella quale riportare la specifica attestazione), debbano svolgere una serie di verifiche da documentare appropriatamente nel libro delle adunanze e deliberazioni del collegio sindacale.

I sindaci, in particolare, dovranno verificare che il valore del bene rivalutato non superi il suo valore recuperabile, ossia il maggiore tra valore realizzabile sul mercato (criterio esterno) e valore d’uso (criterio interno). Per le immobilizzazioni materiali e immateriali detti criteri sono contenuti nel principio contabile OIC 9: il valore realizzabile sul mercato è pari al fair value (prezzo che si percepirebbe per la vendita in una regolare operazione tra operatori di mercato) al netto dei costi di vendita, mentre il valore d’uso è dato dalla stima dei flussi di cassa attesi, opportunamente attualizzati, che derivano dall’uso continuativo del bene.
I sindaci dovranno, quindi, acquisire elementi probativi circa la stima fatta dagli amministratori e concludere se i criteri seguiti e i valori espressi siano conformi alla normativa di riferimento.

Un elemento di criticità è rappresentato dalla circostanza che la legge di rivalutazione in commento non impone alcun obbligo di perizia che supporti e motivi la determinazione del valore dei beni da prendere a base per la rivalutazione. Tale situazione, soprattutto con riferimento a beni per i quali non è facilmente reperibile un valore di mercato ragionevolmente certo o per i quali si adotti il valore d’uso (si pensi, ad esempio, al caso di marchi, brevetti, impianti complessi, partecipazioni), potrebbe generare rilevanti difficoltà, se non impossibilità, per i sindaci ad attestare i valori rivalutati. Al riguardo è bene sottolineare che gli amministratori sono, comunque, tenuti a conformare il proprio operato a “principi di corretta amministrazione”; fattispecie, questa, oggetto di specifica vigilanza ex art. 2403 c.c. da parte dei sindaci.

È lapalissiano che operare rivalutazioni significative di beni d’impresa nel bilancio presupponga una idonea documentazione di supporto che, come detto, almeno per i casi più complessi, non può che consistere in apposite perizie redatte da esperti indipendenti. In tal senso si è espressa anche Assirevi che, nel documento di ricerca n. 71/2001, suggeriva ai revisori (tra l’altro non tenuti a rilasciare specifiche attestazioni) di acquisire perizie di stime al fine di dimostrare il rispetto dei requisiti di analiticità, validità e verificabilità dei valori da iscrivere in bilancio.