Escluse dal test di prevalenza dell’art. 162-bis del TUIR le partecipazioni iscritte tra l’attivo circolante

Di Gianluca ODETTO e Michele TARDINI

La risposta a interpello n. 266 di ieri, 19 aprile 2021, ha chiarito che le società di gestione di portafogli finanziari, nella misura in cui abbiano la maggior parte del proprio attivo composto da partecipazioni iscritte nell’attivo circolante, non si qualificano come società di partecipazione ai sensi dell’art. 162-bis del TUIR e, quindi, vanno trattate ai fini dell’IRES e dell’IRAP alla stregua di ordinarie società industriali e commerciali.

Il documento, pur se rivolto a una casistica specifica (quella delle società che “risultano” dalla cessione di asset quali aziende o partecipazioni e che investono la liquidità ottenuta in strumenti finanziari, nell’esclusivo interesse proprio e senza che ciò configuri attività nei confronti del pubblico), rappresenta, per l’importanza dei principi ivi contenuti, un “punto fermo” nell’interpretazione delle norme di riferimento.

L’ultimo documento in materia dell’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello n. 40 del 13 gennaio 2021) accoglieva un’impostazione secondo cui:
– la società si qualifica come società di partecipazione se l’ammontare complessivo delle partecipazioni detenute (in qualsiasi soggetto) eccede il 50% dell’attivo patrimoniale;
– se questo requisito è soddisfatto, essa è poi classificata tra le società di partecipazione finanziaria (c.d. holding finanziarie) o tra le società di partecipazione non finanziaria (c.d. holding industriali) a seconda che, in termini relativi, prevalgano le partecipazioni in società bancarie e finanziarie, ovvero le partecipazioni in società industriali, commerciali o di servizi.

Estendendo tali principi, senza alcun correttivo, alle società di gestione di portafogli finanziari, tali soggetti potrebbero, ad esempio, rientrare tra le società di partecipazione finanziaria (con i conseguenti oneri in termini di imposizione e di adempimenti) per il solo fatto che le scelte di investimento si sono orientate verso le partecipazioni bancarie.

Nella risposta n. 266/2021 questo correttivo viene invece individuato nella destinazione delle partecipazioni risultanti dal bilancio: si afferma, infatti, che le partecipazioni “acquisite a fini meramente speculativi”, iscritte tra l’attivo circolante, non rilevano ai fini del test di prevalenza previsto dall’art. 162-bis commi 2 e 3 del TUIR, test che a questo punto tiene conto delle sole partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie. L’Agenzia delle Entrate precisa, però che le partecipazioni “trasmigrate” dalle immobilizzazioni all’attivo circolante in attesa della vendita devono essere considerate ai fini del test.

Nella fattispecie in commento, la prevalenza delle partecipazioni iscritte tra le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni ha fatto sì che la società non venisse considerata una società di partecipazione e che, quindi, ad esempio l’IRAP fosse determinata secondo le ordinarie regole dell’art. 5 del DLgs. 446/97, e non secondo le regole dell’art. 6 comma 9 del decreto per le holding industriali (allo stesso modo, l’aliquota è stata individuata in quella ordinaria del 3,9%, pur se si deve rilevare che per alcune tipologie di attività, a seconda della Regione di appartenenza, sia prevista un’aliquota maggiorata ancorata al codice ATECO, come ad esempio per holding di partecipazioni – 64.20.00 – e merchant bank – 64.99.30, indipendentemente dalla verifica del test di prevalenza).

L’Agenzia delle Entrate ha poi svolto alcune considerazioni in merito agli obblighi di comunicazione previsti a vario titolo dalla normativa fiscale. Le società di partecipazione sono soggette, per espressa disposizione di legge, agli obblighi di comunicazione all’Archivio dei rapporti finanziari; nel caso esaminato, la non sussistenza della prevalenza per i motivi sopra esposti escluderebbe di per sé la società dall’essere soggetta a tali obblighi.

Tuttavia, l’Agenzia sembra valorizzare un altro aspetto: viene, infatti, rilevato che la società rientrerebbe tra le imprese di investimento ai sensi dell’art. 4 della direttiva 2014/65/Ue (MIFID 2), in quanto persona giuridica la cui attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale; conseguentemente, occorrerebbe comunicare la PEC al REI, con codice residuale “16”. L’Agenzia ritiene in ogni caso che, stante l’assenza di qualsivoglia mandato a operare conferito da soggetti terzi e di qualsiasi forma di retrocessione del risultato di negoziazione a clienti, non vi siano rapporti con soggetti terzi da comunicare ai sensi dell’art. 7 comma 6 del DPR 602/73.

Da ultimo, va rimarcato che, se la società non rientra tra quelle disciplinate dall’art. 162-bis del TUIR, essa ha titolo all’esonero dagli obblighi di versamento del saldo IRAP 2019 e del primo acconto IRAP 2020 (art. 24 del DL 34/2020), precluso invece ai soggetti che rientrano tra le società di partecipazione; ove vi siano stati comportamenti difformi, basati anche solo su scelte prudenziali, si apre quindi la strada per il recupero dell’imposta versata, in certi contesti potenzialmente di elevato ammontare.