La dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito

Di Maria Francesca ARTUSI

Nel caso di commissione di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12-bis del DLgs. 74/2000 non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.
Tale principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12125 depositata ieri, in un procedimento relativo a un sequestro preventivo finalizzato alla confisca in relazione al reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis del DLgs. 74/2000) commesso da una srl in stato di fallimento.

Il sequestro era stato richiesto in via diretta sino alla concorrenza della somma di 224.281,98 euro e, nel caso di incapienza, in forma “equivalente” nei confronti di beni fino alla concorrenza del medesimo importo. Tuttavia, il tribunale del riesame aveva annullato parzialmente tale provvedimento relativamente alla parte contenuta nel conto corrente creato appositamente dal curatore fallimentare, proprio in ragione del fatto che il sequestro non poteva avere a oggetto somme di denaro che erano confluite sul conto dopo la consumazione del reato e che costituivano il frutto delle attività recuperatorie poste in essere dal curatore; somme, quindi, non più riconducibili alla compagine fallita e alla condotta delittuosa.
Nel confermare la decisione del giudice di merito, la Cassazione richiama diversi principi enunciati dalla prevalente giurisprudenza su questo tema.

In particolare, è stato affermato che la peculiare natura dell’attivo fallimentare è di ostacolo all’applicabilità del citato art. 12-bis. Questo, infatti, individua quale limite all’operatività della confisca l’appartenenza dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato a terzi estranei al reato, ovvero l’indisponibilità dei medesimi in capo al reo e dunque anche alla persona giuridica rappresentata dall’autore del reato. È infatti proprio la suddetta previsione normativa che impone di considerare la disponibilità dei beni appresi dalla procedura fallimentare antecedentemente al sequestro come assorbente, trattandosi di un soggetto terzo, rispetto all’elemento della titolarità formale del diritto di proprietà in capo all’indagato/condannato, astrattamente rilevante nel campo penale, in quanto contestualmente privato del potere di fatto sui medesimi beni (cfr. in questo senso Cass. n. 45574/2018).

Tali principi sono stati richiamati anche dalle Sezioni Unite n. 45936/2019, che ha, conseguentemente, escluso la possibilità di eseguire il sequestro su beni appartenenti alla massa fallimentare, e quindi in una situazione cronologica di posteriorità rispetto alla dichiarazione di fallimento, in quanto sui beni che si trovano in questa condizione si è ormai costituito un potere di fatto della curatela.

Resta fermo, al contrario, che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona fisica è ammissibile anche nel caso di intervenuto fallimento della persona giuridica, che determina il passaggio dei beni nella disponibilità della curatela, con conseguente impossibilità di ablazione attraverso il sequestro in via diretta nei confronti di detta persona giuridica.

È stato, altresì, precisato che la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società dichiarata fallita, corrispondenti alle rimesse effettuate dal curatore fallimentare successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa, in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto (cfr. Cass. n. 31516/2020 che si è pronunciata in una analoga fattispecie relativa al reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate ai sensi dell’art. 10-bis del 74/2000).