Il principio vale anche per le detrazioni d’imposta fruibili su più anni e per le perdite fiscali

Di Alfio CISSELLO

La Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 8500 depositata ieri, ha espresso un principio della massima importanza in tema di termini di decadenza dal potere di accertamento con riferimento a fattispecie che, per le più varie ragioni, hanno riflesso su una pluralità di periodi d’imposta.

Facendo riferimento al classico caso degli ammortamenti, l’Agenzia delle Entrate può recuperare a tassazione la quota di ammortamento che ritiene indebitamente dedotta in ogni anno d’imposta, a prescindere dalla ragione del recupero, non dovendo necessariamente accertare l’anno in cui il bene è entrato in funzione ed è stato iscritto in bilancio.

Espressamente, le Sezioni Unite affermano che il principio vale per ogni fattispecie avente rilievo su più anni, posto che il discorso non riguarda tanto la formazione del reddito d’impresa, ma l’esatta delineazione del potere di accertamento.
Naturalmente, se è vero che il Fisco può recuperare ogni quota indebitamente dedotta, ciò non significa che possa andare a ritroso recuperando quote di anni ormai decaduti.

Il concetto da cui partono le Sezioni Unite è l’autonomia dei periodi d’imposta, postulato cardine in tema di imposte dirette, IVA e altri tributi.
Se ad ogni anno corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma, non si può sostenere che il Fisco debba per forza accertare l’anno in cui è stata dedotta la prima quota, o, per utilizzare una formula più ampia, l’anno “fiscalmente rilevante”.

Per i giudici, “scopo pratico del differimento pluriennale è quello di tutelare il gettito erariale evitandone la verticale riduzione altrimenti conseguente alla piena sottrazione dell’onere in un medesimo esercizio; nelle ipotesi incentivanti è proprio la diluizione nel tempo a rendere sostenibili per l’erario le misure di favore per il contribuente”.
Non c’è quindi obbligo di accertare la prima annualità, ma solo la facoltà di farlo, e ciò vale quand’anche l’accertamento della c.d. prima annualità sia “senza imposta”, come accade negli accertamenti in cui si determina una minor perdita (punto 4.2 della sentenza).

Inoltre, una diversa soluzione non emerge nemmeno dal dato normativo. Sia l’art. 43 del DPR 600/73 che l’art. 57 del DPR 633/72 sono chiari “nel collegare la decadenza all’inutile spirare di un determinato termine di attivazione decorrente dalla dichiarazione che si intende accertare, senza distinguere tra natura annuale o poliennale del singolo elemento di reddito in essa esposto” (punto 4.5 della sentenza).

Non convince le Sezioni Unite neanche il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 280 del 2005, ove è stato sancito come il contribuente non possa restare soggetto all’azione del Fisco sine die.
La Consulta si era pronunciata su un caso assai diverso, in un contesto (quello antecedente al sopravvento dei termini decadenziali per la notifica della cartella di pagamento ex art. 25 del DPR 602/73) in cui i termini esistevano per l’iscrizione a ruolo (“vecchio” art. 17 del DPR 602/73), che non veniva portata a conoscenza del contribuente. In quella situazione, era indubbia la lesione dei diritti del contribuente.

In questa ipotesi, il termine di decadenza esiste ed è ben individuato e la possibilità di accertare ogni annualità non compromette la decadenza sugli anni antecedenti.
Tutto si riflette sull’obbligo di tenuta e conservazione delle scritture contabili nonché della documentazione giustificativa del fatto fiscalmente rilevante. Non solo del costo, ma anche della detrazione così come della determinazione della perdita d’impresa.

Per i giudici, “non pare inesigibile – proprio in ottica, anche questa statutaria, di affidamento e reciproca collaborazione – che il contribuente sia onerato della diligente conservazione delle scritture, non sine die, ma fino allo spirare del termine di rettifica (anche se ultradecennale) dell’ultima dichiarazione accertabile” (punto 4.9 della sentenza).

Si estendono le conclusioni a qualsiasi fattispecie in cui il recupero riguardi, in qualche maniera, diverse annualità, posto che le regole in tema di decadenza, per la delicatezza del tema, necessitano di soluzioni unitarie e stabili nel tempo.

Le conclusioni valgono pertanto in tema di:
– detrazioni fiscali che devono essere ripartite su più anni, si pensi alla detrazione IRPEF per le spese di ristrutturazione edilizia e a quella per le spese di riqualificazione energetica (il controllo formale potrà quindi riguardare qualsiasi anno in cui è stata detratta la quota, e non per forza il primo anno);
– riconoscimento pluriennale di crediti d’imposta (si pensi al ricerca e sviluppo ex art. 3 del DL 145/2013);
– addirittura, le perdite d’impresa, venendo meno il criterio in base al quale occorre accertare l’anno in cui la perdita è stata quantificata e indicata come riportabile.

In quest’ultimo caso, forse ci sarebbe spazio per una soluzione diversa, posto che si tratterebbe davvero di una elusione dei termini decadenziali. Lo stesso vale per il riporto a nuovo del credito da dichiarazione, argomenti su cui avremo modo di ritornare.