Secondo l’Agenzia delle Entrate è irrilevante il momento in cui il cliente recede scegliendo un nuovo fornitore

Di Luca BILANCINI e Emanuele GRECO

L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n. 119, pubblicata ieri, ha confermato il principio tale per cui, nel caso di risoluzione contrattuale a fronte di un mancato pagamento del corrispettivo, il fornitore può emettere nota di credito senza osservare il limite temporale di un anno dell’effettuazione dell’operazione.
Resta fermo il termine per emettere la nota dettato dall’art. 19 del DPR 633/72, corrispondente al termine ultimo per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA.

Il caso esaminato dalle Entrate concerne una società fornitrice di energia elettrica e gas la quale, a fronte dell’erogazione del servizio, non riceve il pagamento del corrispettivo. In alcune circostanze, il cliente cambia il proprio fornitore energetico senza provvedere al pagamento degli importi addebitati successivamente. In altre circostanze, il cliente non adempie al pagamento delle somme dovute per l’erogazione dell’energia e successivamente esercita il diritto di recesso al fine di modificare il proprio fornitore.

L’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello in esame, ribadisce la possibilità per la società fornitrice di emettere nota di variazione in diminuzione a norma dell’art. 26 comma 2 del DPR 633/72, a seguito dell’avvenuta risoluzione contrattuale, da individuarsi nel momento in cui avviene la materiale interruzione della fornitura nei confronti del cliente inadempiente.

Inoltre, trattandosi di risoluzione riferita a un contratto a esecuzione continuata o periodica (come nel caso della fornitura di energia elettrica e gas), è opportunamente richiamato il comma 9 dell’art. 26 in questione, in virtù del quale la risoluzione per inadempimento del cliente non investe le forniture già regolarmente poste in essere tra le parti.

A tal fine, l’Agenzia fa proprio l’orientamento recente della Cassazione, la quale, nei casi in cui la risoluzione del contratto è conseguenza dell’inadempimento del cliente, ha statuito che la variazione in diminuzione dell’IVA può essere operata per tutte le fatture, rispetto alle quali non è stato pagato il corrispettivo, emesse anteriormente alla data di risoluzione (cfr. Cass. 10 maggio 2019 n. 12468).
Nella fattispecie dell’interpello, è precisato che risulta irrilevante la circostanza che il recesso del cliente (con conseguente cambio di fornitore energetico) sia intervenuto prima o dopo il mancato pagamento del corrispettivo documentato mediante fattura.

Peraltro, come già indicato nella giurisprudenza precedente, al cedente o prestatore consegue il diritto di emettere la nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 comma 2 del DPR 633/72, per il fatto che si sia verificata una causa di estinzione del contratto (a fronte dell’emissione di una fattura), “senza che sia necessario un formale atto di accertamento (negoziale o giudiziale) del verificarsi dell’anzidetta causa di risoluzione” (Cass. n. 15696/2002, Cass. n. 5568/1996).

Ne discende che, una volta emessa la fattura ed assolto l’obbligo di versamento dell’IVA, il fornitore può emettere senza limiti di tempo la nota di variazione “in relazione alle prestazioni eseguite, e non remunerate antecedentemente alla risoluzione” (Cass. 10 maggio 2019 n. 12468), che nella fattispecie è integrata, come detto, dalla materiale interruzione della fornitura.

Nel documento di prassi l’Agenzia delle Entrate, determinato il dies ad quem per l’emissione della nota di variazione – 30 giugno 2020, termine ordinario di presentazione della dichiarazione IVA riferita al 2019 – chiarisce che l’imposta detratta avrebbe dovuto confluire nella liquidazione relativa al periodo di emissione del documento “o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento (ossia, nella fattispecie in esame, la dichiarazione 2021 relativa al periodo d’imposta 2020)“.

Tale interpretazione, che richiama esplicitamente quella contenuta nella precedente risposta ad interpello 24 giugno 2020 n. 192, desta tuttora qualche perplessità (si veda “Ultimo giorno per emettere le note di variazione relative al 2019” del 30 giugno 2020). È legittimo, infatti, interrogarsi in ordine alle ragioni per le quali dovrebbe essere emessa la nota di variazione entro il termine per la presentazione della dichiarazione IVA riferita al periodo in cui sorgono i presupposti per operare la variazione in diminuzione, se la detrazione viene esercitata nella dichiarazione successiva.

Si aggiunga, inoltre, che, in base alle istruzioni contenute nel modello IVA (si veda ad esempio il corrente “IVA 2021”), nei righi da VE1 a VE12 devono essere riportate le operazioni per le quali si è verificata l’esigibilità dell’imposta nell’anno, “tenendo conto delle variazioni di cui all’art. 26 registrate per lo stesso anno”. In virtù di tale locuzione si sarebbe potuto intendere che anche le note di credito annotate con riferimento all’anno cui la dichiarazione si riferisce avrebbero potuto essere incluse.