Il sistema del «doppio binario» è giustificato dalla rilevanza degli interessi nazionali e dalla diversità dei fini perseguiti dalle due procedure

Di Maria Francesca ARTUSI

In caso di dichiarazione infedele possono “cumularsi” sia le sanzioni di natura penale che quelle di carattere amministrativo-tributario, essendo sempre più strette le maglie del “ne bis in idem” così come interpretato dalla giurisprudenza.

Sul punto è intervenuta la sentenza n. 4439/2021 della Cassazione confermando la condanna di un soggetto titolare di partita IVA alla pena di quattro mesi di reclusione per il delitto di infedele dichiarazione previsto dall’art. 4 del DLgs. 74/2000, per aver indicato, nelle dichiarazioni fiscali relative all’IRPEF e all’IVA, elementi passivi inesistenti, superando le soglie di punibilità previste dalla fattispecie penale.

Contestualmente, costui aveva corrisposto al Fisco, mediante la procedura di accertamento con adesione la somma complessiva di 701.165,95 euro. La difesa invoca, dunque, il “divieto di cumulo” delle sanzioni chiedendo la disapplicazione delle norme penali e affermando la radicale contrarietà al “ne bis in idem” dell’attuale sistema di “doppio binario” sanzionatorio e procedimentale, così come previsto in astratto dalla legislazione italiana. Tale principio sarebbe, di fatto, sempre violato allorché il contribuente, già definitivamente sanzionato in via amministrativa, per la medesima violazione sia anche sottoposto a un procedimento penale.
Questa conclusione, nella sua radicalità, si pone – secondo la sentenza oggi in commento – in contrasto con l’orientamento prevalente della giurisprudenza italiana e sovranazionale.

Innanzitutto, va richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2019, che, ponendosi in continuità rispetto alla sentenza n. 43/2018, contiene una puntuale e aggiornata ricapitolazione dello stato dell’arte a proposito del rapporto tra procedimento penale e procedimento amministrativo, il cui esito sia l’applicazione di una sanzione avente comunque natura penale.

In proposito, la giurisprudenza sovranazionale ha messo in luce come non sussista la violazione del “ne bis in idem” nel caso della irrogazione definitiva di una sanzione formalmente amministrativa, della quale venga riconosciuta la natura sostanzialmente penale, ai sensi dell’art. 4 Protocollo n. 7 della CEDU, per il medesimo fatto per il quale vi sia stata condanna a sanzione penale, quando tra il procedimento amministrativo e quello penale sussista una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta, tale che le due sanzioni siano parte di un unico sistema (si pensi in particolare alla pronuncia CEDU A. e B. vs Norvegia del 15 novembre 2016).

Tale connessione va valutata con riferimento all’avvio dei procedimenti, i quali, essendo governati da regole e principi affatto diversi, hanno necessariamente tempi di definizione non coincidenti, anche in ragione delle differenti modalità di formazione ed acquisizione della prova e dei mezzi di impugnazione previsti nei rispettivi ordinamenti.

Il sistema del “doppio binario” – afferma ancora la pronuncia in commento – è giustificato dalla rilevanza degli interessi nazionali e dalla diversità dei fini perseguiti dalle due procedure: mentre il procedimento amministrativo è volto al recupero a tassazione delle imposte non versate, il procedimento penale è teso alla prevenzione e alla repressione dei reati in materia tributaria. In altri termini, la minaccia di una sanzione detentiva per condotte particolarmente allarmanti (essendo previste soglie di punibilità), in aggiunta a una sanzione amministrativa pecuniaria, persegue, infatti, legittimi scopi di rafforzare l’effetto deterrente spiegato dalla mera previsione di quest’ultima, di esprimere la ferma riprovazione dell’ordinamento a fronte di condotte gravemente pregiudizievoli per gli interessi finanziari nazionali ed europei, nonché di assicurare ex post l’effettiva riscossione degli importi evasi da parte dell’amministrazione grazie ai meccanismi premiali connessi all’integrale saldo del debito tributario.

Si osserva, infine, che sussiste anche il requisito della “prevedibilità” delle sanzioni da parte del contribuente, dal momento che la legislazione italiana stabilisce chiaramente la sanzionabilità in via amministrativa della violazione ai sensi dell’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/1997 da un lato, e in via penale della dichiarazione infedele ai sensi dell’art. 4 del DLgs. 74/2000 dall’altro.