Spunti operativi per i professionisti nel documento CNDCEC-FNC

Di Maria Francesca ARTUSI e Paolo VERNERO

Il CNDCEC e la Fondazione nazionale dei commercialisti hanno pubblicato ieri un documento intitolato “La disciplina del whistleblowing: indicazioni e spunti operativi per i professionisti” (con i contributi di ABI, AITRA e AODV 231).
Muovendo dalla regolamentazione del fenomeno del whistleblowing, sia a livello internazionale che nazionale, tale studio ha voluto fissare delle coordinate per i professionisti che si approcciano alla tematica – nei vari possibili ruoli – sia nel settore pubblico che nel settore privato.

Si tratta di un approccio innovativo che vede il “whistleblowing” integrato con la compliance aziendale ed inserito nel sistema complessivo delle procedure sottostanti agli adeguati assetti.
Con l’avvento della L. 179/2017 si è, infatti, imposto maggiormente all’attenzione degli operatori il tema della tutela da assicurare ai soggetti che segnalano le violazioni di cui siano venuti a conoscenza anche nell’ambito di un rapporto di lavoro privato. Tale normativa impone agli enti pubblici e privati l’obbligo di creare procedure specifiche e canali dedicati che consentano di segnalare irregolarità e persino illeciti di natura penale, garantendo la riservatezza dell’identità del soggetto segnalante. Inoltre, al fine di evitare ritorsioni da parte del datore di lavoro nei confronti del dipendente che effettua una segnalazione, la normativa prevede alcune misure, quali la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno, nonché una serie di sanzioni applicabili nel caso in cui il segnalante subisca atti discriminatori.

Nel documento in esame viene affrontato, da un lato, il tema del coordinamento nel nostro ordinamento della normativa sul whistleblowing, con altre normative di settore, come quella bancaria, finanziaria, assicurativa, antiriciclaggio; dall’altro, ci si sofferma approfonditamente sugli aspetti della disciplina che impattano sulle funzioni degli organi di controllo principalmente interessati, il responsabile per la prevenzione della corruzione e l’organismo di vigilanza, i cui ruoli in alcune circostanze tendono a sovrapporsi. Funzioni di controllo che, sia nel pubblico che nel privato, riguardano direttamente l’attività professionale dei commercialisti.

Dal lato del settore pubblico (art. 1 della L. 179/2017), particolare attenzione viene dedicata alle società controllate o partecipate dalla Pubblica Amministrazione
Di grande portata innovativa è l’applicazione del whistleblowing nel settore privato che ha reso necessaria una modifica della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del DLgs. 231/2001, al fine di introdurre nei modelli di organizzazione, gestione e controllo da esso normati l’obbligo di previsione di uno o più canali che consentano di veicolare segnalazioni circostanziate di condotte illecite (rilevanti ai sensi del medesimo decreto) o di violazioni del modello adottato, di cui i segnalanti siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Alla luce dell’attuale art. 6 del DLgs. 231/2001 (commi 2-bis, 2-ter e 2-quarter), i canali implementati dall’ente devono essere tali da garantire la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione.

La disciplina del whistleblowing ha quindi comportato, in materia “231”, un triplice impatto: la necessità di modifica/aggiornamento dei modelli organizzativi; un conseguente coinvolgimento dell’OdV, secondo diversi gradi di intervento in funzione delle scelte e della struttura delle società o degli enti in cui operano; la necessità della predisposizione di una procedura operativa in tema di segnalazioni/whistleblowing.

Evidente è la correlazione tra le segnalazioni “whistleblowing” e il sistema dei flussi informativi. Da un punto di vista operativo, le imprese sono, in effetti, chiamate ad implementare i canali informativi già in essere (specie con riferimento al requisito di garantire la riservatezza del segnalante) ovvero a istituirli ex novo.

Per quanto riguarda, infine, il dibattuto tema delle “segnalazioni anonime”, come osservato dall’ANAC, l’art. 54-bis del DLgs. 165/2001 (che disciplina l’istituto in ambito pubblico) sembra escludere dal proprio campo di applicazione le segnalazioni effettuate dal soggetto che non fornisce le proprie generalità, in quanto la “ratio” della disposizione è quella di offrire tutela, in termini di riservatezza dell’identità, a chi faccia emergere condotte e fatti illeciti. Tali considerazioni possono essere estese anche in ambito “privato/231” ove vi è la possibilità di recepire segnalazioni anonime stabilendo, ai fini della trattazione delle stesse, dei requisiti minimi in termini di precisione, sufficienza e gravità dei contenuti trasmessi (così da evitare la ricezione di segnalazioni approssimative e difficilmente verificabili).

L’anonimato della segnalazione comporterà, tuttavia, l’inapplicabilità delle tutele previste dalla L. 179/2017.