Affrancamento del saldo attivo con benefici per la distribuzione

Vantaggi significativi per le società che possono disporre di liquidità sufficiente da attribuire ai soci

Di Gianluca ODETTO

La nuova rivalutazione dei beni d’impresa (art. 110 del DL 104/2020), pur se naturalmente indirizzata verso le società che necessitano di sostegni alla propria patrimonializzazione, può aprire alcuni interessanti scenari per quei soggetti con elevata liquidità, nell’ottica della distribuzione di somme ai soci.

Per le imprese che scelgono la rivalutazione con effetto anche ai fini fiscali, ciò passa per la strada dell’affrancamento del saldo attivo. In assenza di affrancamento, infatti, se il saldo viene distribuito:
– le somme attribuite ai soci, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente alle somme medesime, concorrono alla formazione del reddito imponibile della società (attribuito per trasparenza ai soci, se la società è una società di persone in contabilità ordinaria);
– alla società è attribuito un credito d’imposta ai fini IRPEF e IRES pari all’imposta sostitutiva medesima.
Per le rivalutazioni esclusivamente civilistiche, invece, la distribuzione non genera oneri in capo alla società (circ. Agenzia delle Entrate n. 11/2009, § 4).

Per i soci di società di capitali, il saldo attivo ricevuto genera un reddito di capitale tassato ai sensi degli artt. 4759 e 89 del TUIR, anche se la rivalutazione è stata effettuata ai soli fini civilistici (circ. Agenzia Entrate n. 22/2009, § 5). Con particolare riferimento ai soci persone fisiche non imprenditori, deve essere operata all’atto della distribuzione la ritenuta a titolo d’imposta del 26% di cui all’art. 27 del DPR 600/73.

Per i soci di società di persone, invece, la distribuzione del saldo derivante dalla rivalutazione fiscale, generando un presupposto d’imposta in capo alla società, si riverbera in modo automatico sul socio, al quale il reddito è attribuito per trasparenza; diversamente, come rilevato dalla richiamata circ. n. 22/2009, la distribuzione del saldo attivo derivante dalla rivalutazione solo civilistica è irrilevante ai fini della tassazione.

Il saldo attivo di rivalutazione può essere affrancato con un’imposta sostitutiva del 10%, la quale si aggiunge a quella del 3% da assolvere in sede di rivalutazione e, come quest’ultima, può essere oggetto di rateizzazione; con sentenza n. 19772/2020, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’imposta sostitutiva per l’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione deve essere calcolata sull’importo della riserva così come essa è iscritta in bilancio (al netto, quindi, dell’imposta sostitutiva assolta dalla medesima impresa per la rivalutazione dei beni). Se il saldo attivo viene affrancato, esso non concorre alla formazione del reddito imponibile della società o ente e, in caso di distribuzione, ai soci non spetta il credito d’imposta pari all’imposta a suo tempo assolta per la rivalutazione (art. 1 comma 475 della L. 311/2004, richiamato in modo espresso dall’art. 110 comma 7 del DL 104/2020).

La possibile convenienza dell’affrancamento può essere esemplificata partendo dalla situazione di un bene rivalutato per 100.000 euro, con imposta sostitutiva di 3.000 euro. Se l’obiettivo è la distribuzione ai soci, questi sono gli scenari:
– in assenza di affrancamento, alla distribuzione la società sconta un’IRES lorda per 24.000 euro (calcolata sul saldo netto di 97.000 aumentato dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione) e un’IRES netta per 21.000 euro (l’IRES lorda al netto del credito di 3.000). L’onere complessivo risulta quindi pari a 24.000 euro;
– con l’affrancamento, e beneficiando del più favorevole orientamento della Corte di Cassazione, l’imposta sostitutiva ammonta a 9.700 euro (il 10% del saldo netto). Posto che i saldi affrancati non concorrono alla formazione del reddito della società e, in caso di distribuzione, non spetta alcun credito, l’onere complessivo risulterebbe pari a 3.000 euro (imposta sostitutiva per la rivalutazione) + 9.700 euro (imposta sostitutiva per l’affrancamento) = 12.700 euro.

Per i soci di società di capitali, la distribuzione di riserve affrancate o non affrancate comporta il medesimo regime impositivo (trattasi, infatti, di somme tassate alla stregua di dividendi societari). Per i soci di società di persone, come sopra evidenziato, l’affrancamento “chiude la partita”, non determinando più oneri all’atto della distribuzione.
Il beneficio è, quindi, molto considerevole soprattutto in quest’ultimo caso, in quanto i soci possono beneficiare di un risparmio d’imposta anche di 30 punti percentuali rispetto a quanto essi scontano sugli utili ordinari (traslando, oltretutto, tutti gli oneri fiscali sulla società, la quale ottiene a sua volta il riconoscimento fiscale dei maggiori valori).

Le brevi considerazioni di cui sopra riguardano distribuzioni in denaro (operazioni in cui, quindi, viene rivalutato un bene ma assegnato denaro). Va invece valutata sotto un diverso profilo l’assegnazione ai soci dei beni rivalutati, in quanto l’art. 110 comma 5 del DL 104/2020 prevede un periodo di moratoria triennale degli effetti fiscali per quanto riguarda le plusvalenze e le minusvalenze, per cui una assegnazione effettuata prima del 2024 determinerebbe plusvalenze calcolate partendo dal valore storico, spesso significative.

Distribuzione del saldo attivo di rivalutazione (rivalutazioni “fiscali”)
Tipo di società Riserve non affrancate Riserve affrancate
Società di capitali La società paga l’IRES sul saldo attivo di rivalutazione “lordo”, scomputando il credito per l’imposta sostitutiva.
Il socio è tenuto ad assoggettare a imposta, in qualità di dividendo, le somme ricevute.
La società non paga nulla.
Il socio è tenuto ad assoggettare a imposta, in qualità di dividendo, le somme ricevute.
Società di persone (in contabilità ordinaria) La società attribuisce per trasparenza ai soci il reddito corrispondente al saldo attivo di rivalutazione “lordo” e il credito per l’imposta sostitutiva.
Il socio è tenuto ad assoggettare a imposta tale reddito, scomputando il credito d’imposta.
Nessun effetto reddituale né sulla società, né sul socio (circ. Agenzia Entrate 15 luglio 2005 n. 33, § 3)
2020-11-12T08:10:28+00:00Novembre 12th, 2020|News|

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