Difficile la lettura quando le unità immobiliari con impianti indipendenti e accesso autonomo sono il risultato post frazionamenti di edifici unifamiliari

Di Enrico ZANETTI

Se è ormai pacifico che, per poter parlare di “unità immobiliari con impianti indipendenti e accesso autonomo”, ai fini dell’applicazione del superbonus, il requisito dell’autonomia di accesso sussiste ogni qual volta l’unità immobiliare ha un accesso autonomo all’esterno (a prescindere quindi dal fatto che tale accesso autonomo all’esterno dia su una strada, un cortile o giardino ad uso esclusivo o un cortile o giardino ad uso non esclusivo), persistono alcune difficoltà di lettura delle dinamiche applicative del superbonus quando le “unità immobiliari con impianti indipendenti e accesso autonomo” sono il risultato post interventi di frazionamenti di edifici unifamiliari.

Questo, in sintesi, è ciò che emerge dalle risposte a interpello nn. 523 e 524 pubblicate ieri dall’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne la questione più semplice, ossia quella del requisito di “autonomia di accesso”, la risposta a interpello n. 524/2020 sottolinea come il comma 1-bis dell’art. 119 del DL 34/2020, inserito in sede di conversione del DL 104/2020 nella L. 126/2020, statuisce che “per accesso autonomo dall’esterno si intende un accesso indipendente, non comune ad altre unità immobiliari, chiuso da cancello o portone d’ingresso che consenta l’accesso dalla strada o da cortile o da giardino anche di proprietà non esclusiva”.

La norma supera i parametri definitori che sono tuttora rinvenibili nell’ambito dell’art. 1 del DM 6 agosto 2020 “Requisiti” e sulla cui base erano state diramate le prime indicazioni di prassi ufficiale da parte della stessa Agenzia delle Entrate.
Stante l’attuale comma 1-bis dell’art. 119 del DL 34/2020, diviene nella sostanza irrilevante su che tipo di esterno si affaccia l’accesso autonomo dell’unità immobiliare, essendo sufficiente, ai fini del requisito richiesto, che un accesso autonomo all’esterno (su qualsiasi esterno) esista.

Per quanto concerne la questione più complessa, ossia quella delle modalità di applicazione del superbonus in situazioni in cui ante interventi si è in presenza di un edificio unifamiliare e post interventi si è in presenza di due “unità immobiliari con impianti indipendenti e accesso autonomo”, la risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 523/2020 afferma che, per individuare il limite di spesa “va valorizzata la situazione esistente all’inizio dei lavori e non quella risultante dagli stessi ai fini dell’applicazione delle predette detrazioni. Da ciò ne consegue che nel caso di specie, l’istante, quale limite di spesa, ha quello riferito alla singola unità immobiliare inizialmente esistente”.

Questa impostazione interpretativa, che sarebbe senz’altro condivisibile ove le due unità immobiliari risultanti post lavori non fossero “indipendenti e autonome” (come per altro esemplificato da rappresentanti della stessa Agenzia delle Entrate in occasione di una delle risposte date a Telefisco il 27 ottobre scorso), pare invero discutibile quando invece, come nel caso oggetto della risposta, lo sono.

Sembra infatti venire confuso un principio che vale sicuramente per il calcolo delle unità immobiliari che possono essere considerate, ai fini del calcolo dei tetti massimi di spesa detraibile sugli interventi che hanno per oggetto le parti comuni di un edificio, con un principio addirittura definitorio della tipologia stessa di edificio oggetto degli interventi.

Infatti, la circostanza che, ivi compreso il caso in cui gli interventi comportino anche dei cambi di destinazione, sia da considerare il numero delle unità immobiliari esistenti ante intervento e non post intervento, presuppone comunque che, post intervento, si possa ragionare in termini di edificio composto da una pluralità di unità immobiliari e relative parti comuni.

Se, invece, post intervento, ciò che risulta è un edificio composto da un’unica unità immobiliare “principale” ed eventuali altre unità autonomamente accatastate ad essa meramente pertinenziali, oppure, come nel caso di specie, un edificio composto da due unità immobiliari “indipendenti e autonome”, diviene impossibile moltiplicare i tetti massimi “unitari” per il numero di unità immobiliari ante intervento, semplicemente perché viene meno la possibilità stessa di ragionare in termini di interventi effettuati sulle parti comuni di un edificio e diviene necessario ragionare in termini di interventi effettuati su edificio privo di parti comuni, in quanto formato da un’unica unità immobiliare e dalle relative pertinenze, oppure in quanto formato da due unità “indipendenti e autonome”.

In altre parole, con riguardo al caso oggetto della risposta a interpello Agenzia delle Entrate 4 novembre 2020 n. 523, sarebbe stato più appropriato rispondere che, ai fini dei tetti massimi di spesa per gli interventi di efficienza energetica “trainanti”, di cui al comma 1 dell’art. 119 del DL 34/2020, si sarebbe dovuto fare riferimento ai tetti massimi previsti con riguardo agli interventi effettuati su unità immobiliari “indipendenti e autonome”, tanto per l’una, quanto per l’altra.