Nullo sia il finanziamento che il correlato acquisto di azioni

Di Maurizio MEOLI

L’operazione di “prestito baciato” in funzione dell’acquisto di azioni di una banca è nulla, per violazione dell’art. 2358 c.c., e non consente alla banca stessa di insinuarsi al passivo del fallimento del soggetto finanziato, neppure invocando la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c.

Ad affermarlo è il Tribunale di Padova in un provvedimento del 16 luglio scorso.
Nella specie, una banca popolare, tramite una società che interveniva quale suo procuratore, chiedeva l’ammissione in chirografo allo stato passivo del fallimento di un imprenditore individuale finanziato per oltre 230.000 euro. La richiesta veniva rigettata in ragione del fatto che il finanziamento erogato doveva ritenersi un “prestito baciato”, contratto per l’acquisto di azioni della banca in violazione dei limiti posti dall’art. 2358 c.c.

Contro tale decisione veniva presentata opposizione ex art. 98 del RD 267/1942, deducendosi, tra l’altro, la certezza del credito e l’assenza di legami tra il mutuo e l’acquisto di azioni della banca, con impossibilità di applicazione dell’art. 2358 c.c.; circostanza che, peraltro, sarebbe comunque derivata dal fatto che si trattava di finanziamento concesso da una società cooperativa. In via subordinata, comunque, la banca chiedeva l’ammissione al passivo invocando la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c.

Il Tribunale di Padova ricorda, in primo luogo, come, in relazione all’art. 2358 c.c. – teso a preservare l’integrità del capitale e l’effettività del patrimonio sociale a tutela dei soci, dei creditori e dei terzi che entrino in relazione con la società – la Cassazione (cfr. Cass. n. 25005/2006) abbia precisato che l’assistenza finanziaria compiuta al di fuori dei limiti ivi stabiliti è affetta da nullità, in quanto comporta il rischio della non effettività, totale o parziale, dei nuovi conferimenti e, al tempo stesso, dell’aumento del capitale sociale, con ricaduta sul patrimonio netto della società. Si determina, cioè, la nullità dell’operazione unitariamente considerata, ovvero sia del contratto di finanziamento che degli acquisti o sottoscrizioni delle azioni (così Trib. Venezia 29 aprile 2016).

La portata del divieto sancito dall’art. 2358 c.c. è tale da riguardare qualsiasi forma di agevolazione finanziaria, sia anteriore che successiva all’acquisto (cfr. Cass. n. 15398/2013). Non deve, pertanto, ritenersi necessaria la sussistenza di un vero e proprio “mutuo di scopo”, o comunque di un “collegamento contrattuale” in senso proprio per il tramite di atti espressamente collegati per volontà dispositiva delle parti, essendo sufficiente verificare che i due negozi siano, in concreto, tra loro intenzionalmente legati dalle parti, e siano quindi, nella loro connessione fattuale, lesivi, di fatto o solo potenzialmente, dell’integrità del patrimonio sociale (cfr. Trib. Venezia 29 luglio 2019 nn. 1758 e 1760).

Tale correlazione può essere provata anche tramite prove testimoniali o presunzioni. Nel caso di specie, infatti, pur non essendo stato precisato nulla al momento della concessione del mutuo, tale correlazione risultava desumibile dalle seguenti circostanze integranti presunzioni gravi, precise e concordanti: l’identità tra la data di erogazione del finanziamento e quella di acquisto delle azioni e la mancata richiesta di garanzie per la concessione del mutuo ad un imprenditore individuale (cfr. Trib. Venezia 15 giugno 2016 e 29 aprile 2016).

A fronte di ciò, in assenza di rilievi da parte della banca in grado di supportare la pretesa legittimità delle operazioni, non poteva che conseguirne la complessiva nullità. Nullità che non poteva essere evitata, eccependo la natura cooperativa della banca erogatrice. L’art. 2519 c.c., infatti, si limita a stabilire che alle cooperative si applicano le norme sulle società per azioni per quanto non espressamente previsto e in quanto compatibili; e la tutela del capitale sociale è centrale anche nelle società cooperative, dato che lo scopo mutualistico che le caratterizza deve essere perseguito per il tramite di una struttura imprenditoriale che opera secondo criteri di economicità e razionalità a tutela del capitale sociale, necessario per il perseguimento dello scopo mutualistico (cfr. Trib. Venezia 29 luglio 2019 nn. 1758 e 1760).

L’insinuazione al passivo, infine, neppure può fondarsi sull’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., stante la nullità complessiva dell’operazione; per cui, se, in forza della nullità del finanziamento, la banca vanta un credito restitutorio del capitale versato all’imprenditore individuale, costui, in forza della nullità dell’acquisto delle azioni, vanta un credito restitutorio delle somme versate quale prezzo delle azioni.

Data la presenza di reciproche obbligazioni derivanti da un unico rapporto giuridico, conclude la decisione in commento, trova applicazione l’istituto della c.d. compensazione “impropria”, secondo cui, in presenza di una operazione unitaria, l’accertamento delle reciproche ragioni di credito tra le parti, ed il consequenziale accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite di dare-avere, può essere compiuto dal giudice anche d’ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione “propria”, che, invece, per poter operare, postula l’autonomia dei rapporti e l’eccezione di parte (cfr. Cass. n. 3856/2020).