Tale qualificazione reddituale dipenderebbe dall’impossibilità di accertare il requisito dell’abitualità del lavoro autonomo

Di Paola RIVETTI

Il compenso incassato dal professionista dopo la cessazione dell’attività in regime di vantaggio (ex DL 98/2011) va dichiarato come reddito diverso, non essendo possibile riscontrare il requisito soggettivo dello svolgimento abituale dell’attività di lavoro autonomo professionale. Questo il chiarimento reso con la risposta interpello n. 299, pubblicata ieri.

Il caso esaminato riguarda un professionista che nel 2017 ha chiuso la partita IVA in regime di vantaggio e ha trasferito la residenza all’estero. Nel 2019 gli sono stati liquidati alcuni crediti relativi ad un patrocinio esercitato a spese dello Stato per i quali era stata emessa regolare fattura elettronica. L’istante chiede quindi ragguagli in merito alle modalità di indicazione in dichiarazione di quanto incassato dopo la cessazione dell’attività posto che non risulta possibile inserire l’importo nel quadro LM del modello REDDITI PF in assenza di una partita IVA attiva.

In merito alla determinazione del reddito in caso di cessazione dell’attività in presenza di ricavi e compensi fatturati e non ancora riscossi, ovvero costi ed oneri per i quali manca ancora la manifestazione numeraria, la circ. Agenzia delle Entrate n. 17/2012 (§ 5.1) aveva specificato che, nell’ambito del regime di vantaggio (a prescindere dal tipo di attività esercitata, d’impresa o di lavoro autonomo), trovano applicazione i chiarimenti forniti con riferimento all’attività professionale. In sostanza, l’attività del professionista non può considerarsi cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale (circ. n. 11/2007, § 7.1).

Pertanto, il contribuente soggetto al regime di vantaggio che intenda cessare l’attività, fino a conclusione delle operazioni relative alla riscossione dei crediti e al pagamento dei debiti:
– è tenuto ad adempiere agli obblighi dichiarativi, compilando il quadro LM del modello REDDITI PF;
– non può chiudere la partita IVA.

In alternativa, in ragione delle modeste dimensioni dell’attività soggetta a tale regime, il contribuente può scegliere di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria, in deroga, quindi, al principio di cassa.
Analoga impostazione è stata assunta nell’ambito del regime forfetario con la circ. n. 10/2016 (§ 4.3.5).

Nella risposta pubblicata ieri, l’Agenzia definisce il trattamento ai fini reddituali del compenso fatturato durante il regime agevolato, ma incassato successivamente alla chiusura della partita IVA.
Viene osservato che, al momento dell’incasso del compenso, non è possibile riscontrare in capo al contribuente i presupposti tipici dell’esercizio per professione abituale di attività di lavoro autonomo, così come definiti nell’art. 53 comma 1 del TUIR. Pertanto, in mancanza del requisito soggettivo dell’abitualità, che è alla base delle attività di lavoro autonomo professionali, l’Agenzia propende per dichiarare tale compenso come reddito diverso (art. 67 comma 1 lett. l) del TUIR), indicandolo nel quadro RL (rigo RL15 – redditi derivanti da attività di lavoro autonomo occasionale) del modello REDDITI PF 2020.

Secondo l’impostazione che sembrava emergere dalla circ. n. 11/2007 (§ 7.1, relativo alla natura dei corrispettivi incassati a seguito della cessione della clientela), invece, il compenso originato da una prestazione resa nell’esercizio di un’attività professionale avrebbe mantenuto la sua qualificazione reddituale anche se incassato successivamente alla cessazione dell’attività. Come rilevato anche nella circ. CNDCEC 12 maggio 2008 n. 1/IR a commento della circolare citata, riguardo alla qualificazione reddituale del corrispettivo, la sua rilevanza nell’ambito della categoria dei redditi di lavoro autonomo dipende, pur sempre, dal momento in cui l’operazione viene effettuata.