Con la circolare n. 23 l’Agenzia delle Entrate rivede il proprio orientamento e aderisce all’interpretazione costante della Cassazione

Di Stefano SPINA

La tematica della riqualificazione delle cessioni di aree sulle quali insistono fabbricati da demolire, o fabbricati oggetto di interventi di recupero, in cessione di aree edificabili è stata, negli ultimi anni, oggetto di svariati interventi di prassi e di giurisprudenza.

Secondo il pensiero espresso dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 22 ottobre 2008 n. 395, la cessione di un fabbricato oggetto di un intervento di recupero deve essere tassata come cessione di area fabbricabile in presenza di elementi certi desumibili dalle seguenti situazioni:
– la presenza di un permesso di demolizione e ricostruzione già rilasciato o l’esistenza di un piano urbanistico di recupero o riqualificazione dell’area su cui sorge il fabbricato;
– la cessione dell’immobile a un’impresa di costruzioni che, sulla base di concessione edilizia già esistente o in corso di ottenimento, demolisca successivamente all’acquisto il fabbricato e ne costruisca un altro avente caratteristiche diverse dal fabbricato preesistente;
– il prezzo di cessione del fabbricato, qualora sia superiore al valore venale dello stesso e in linea con il prezzo di mercato delle aree edificabili.

Tale pensiero si basa sulla constatazione che, ove i fabbricati ceduti rientrino in un piano di recupero urbanistico da cui deriva la possibilità di incrementare la cubatura esistente, oggetto della compravendita non saranno più i fabbricati, oramai privi di valore economico, bensì l’area sottostante riqualificata in relazione alla potenzialità edificatoria in corso di definizione.

Pertanto, sempre secondo il pensiero fino ad ora espresso dall’Agenzia delle Entrate nelle varie risposte a interpello, le singole cessioni devono essere valutate, ai fini delle imposte dirette, non in base a quanto indicato dalle parti ma con riferimento all’effettivo e concreto oggetto della vendita, desumibile dalle pattuizioni contrattuali e/o da altri elementi oggettivi.
Tale interpretazione si riflette, ovviamente, sul lato impositivo, in quanto la plusvalenza sulla cessione a titolo oneroso di beni immobili (fabbricati o terreni non edificabili) viene tassata qualora il loro acquisto sia avvenuto da non più di cinque anni, mentre tale limite temporale non sussiste per la cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria la cui plusvalenza è invece sempre tassata.

La giurisprudenza ha, invece, assunto una posizione diversa, orientandosi più sul dato “fattuale” per cui la presenza di un fabbricato sul sedime oggetto di cessione impedisce di considerare imponibile l’operazione secondo il regime proprio delle aree edificabili con conseguente irrilevanza del periodo di possesso.

In più interventi (in ultimo Cass. 6 settembre 2019 n. 22409 e 21 giugno 2019 n. 16718) la Suprema Corte ha stabilito che non si può estendere, alle aree già edificate, il regime fiscale delle aree edificabili e ciò anche se il terreno, a seguito della demolizione, assuma una maggiore potenzialità edificatoria.
In particolar modo la sentenza della Corte di Cassazione 21 febbraio 2019 n. 5088 ha precisato che la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto sui cui insiste. Inoltre la pattuizione, indicata nell’atto di trasferimento, di voler demolire e ricostruire l’edificio esistente, anche con un incremento della volumetria, non può mai essere riqualificata come cessione di un terreno edificabile.

In estrema sintesi l’orientamento oramai costante della giurisprudenza di legittimità ritiene che, se su di un’area esiste un fabbricato, questa debba considerarsi come area “già edificata” in quanto la potenzialità edificatoria si è già consumata per cui l’area non può essere ricondotta, e tassata, alla stregua di quelle “suscettibili di utilizzazione edificatoria”.

A fronte di tale consolidato pensiero l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 23 di ieri, rivede finalmente il proprio orientamento, accettando in toto il pensiero della giurisprudenza e quindi, se oggetto del trasferimento è un fabbricato, detto trasferimento non potrà mai essere riqualificato quale cessione di un’area edificabile, nemmeno quando l’edificio stesso risulta destinato alla demolizione e ricostruzione oppure quando lo stesso non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste.
Pertanto l’Agenzia conclude ritenendo superate le indicazioni contenute nella risoluzione n. 395/2008 e invita gli uffici a non proseguire sul contenzioso sorto in contrasto con i principi espressi dalla giurisprudenza di merito.