L’emergenza da COVID-19 può aver determinato in tale trimestre uno squilibrio tra operazioni passive e attive

Di Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

Il prossimo 31 luglio scade il termine per la presentazione del Modello TR riferito al secondo trimestre 2020 (aprile, maggio e giugno 2020).
Il termine di presentazione, nella prassi dell’Agenzia delle Entrate, è considerato perentorio.

Il trimestre per il quale, in questo giorni, è possibile presentare l’istanza di rimborso riveste carattere di “specialità”, poiché i mesi di aprile, maggio e giugno 2020 sono stati caratterizzati dell’emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, con conseguenti limitazioni all’esercizio delle attività economiche (per effetto dei diversi DPCM che si sono susseguiti già a partire dal mese di febbraio 2020).

È, dunque, possibile (se non addirittura frequente) che i soggetti passivi IVA si siano trovati, nel suddetto periodo, in una situazione di “squilibrio” tra operazioni passive (legate soprattutto ai costi fissi, quali le utilities o le locazioni passive) e operazioni attive (fortemente ridotte, se non, in alcuni casi, nulle per l’intero periodo).

I descritti elementi di fatto possono aver determinato una condizione di squilibrio in termini di IVA, con la maturazione di eccedenze a credito non pienamente compensabili “internamente” con un debito d’imposta nel periodo.
In termini generali, i soggetti passivi che non hanno effettuato operazioni nel trimestre interessato non potrebbero beneficiare dell’istituto del rimborso, mediante presentazione del Modello TR.

Il principale presupposto che consente il rimborso IVA infrannuale è il cosiddetto requisito dell’“aliquota media”, riconosciuto ai soggetti passivi quando esercitano “esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni”.

Tale presupposto è stato, quindi, ulteriormente codificato dall’art. 3 del DL 250/95 (conv. L. 349/95), il quale stabilisce che il rimborso è spettante “se l’aliquota mediamente applicata su tutti gli acquisti e su tutte le importazioni, supera quella mediamente applicata su tutte le operazioni effettuate, maggiorata del 10 per cento” (tra le operazioni attive sono computate anche quelle soggette ad IVA con il meccanismo del reverse charge e/o dello split payment).

In assenza di operazioni attive effettuate nel periodo, dunque, l’accesso al rimborso non potrebbe essere riconosciuto, non essendovi la possibilità di una comparazione tra le diverse aliquote IVA (Cass. 6 agosto 2004 n. 15224).
Per contro, il requisito sembrerebbe soddisfatto anche laddove non si configuri un’intera attività strutturalmente a credito, bensì solamente una o più operazioni attive, nel trimestre, ad aliquota ridotta (si pensi alle attività alberghiere o di ristorazione) accostate ad operazioni passive con aliquota IVA piena (come avviene per buona parte dei costi generali).

A conferma di una siffatta impostazione potrebbe giovare la Cassazione 16 novembre 2018 n. 29530, ove viene affermato, con riferimento ai requisiti per il rimborso da “aliquota media” (art. 30 comma 2 lett. a) del DPR 633/72), che, per tale fattispecie, “è centrale, dunque, l’esercizio (esclusivo o prevalente) di una «attività» comportante, in quanto tale, l’effettuazione di operazioni passive ad aliquota inferiore rispetto agli acquisti. La norma, tuttavia, non impone affatto che le operazioni effettivamente poste in essere debbano essere plurime”.

Per quanto concerne, invece, i soggetti che effettuano operazioni non imponibili IVA (come nel caso delle esportazioni), le quali possono aver subito un arresto nei mesi di aprile, maggio e giugno 2020, è comunque necessario, ai fini dell’accesso al rimborso (art. 30 comma 2 lett. b) del DPR 633/72) che l’ammontare delle operazioni attive in regime di non imponibilità sia superiore al 25% del totale. Tale requisito potrebbe essere soddisfatto anche con una sola operazione (non imponibile) nel periodo.

Un criterio analogo è quello dettato per alcune prestazioni di servizi (es. intermediazioni su beni mobili), nei confronti di soggetti passivi non stabiliti in Italia, non soggette ad IVA per carenza del presupposto di territorialità IVA, rispetto alle quali le operazioni attive fuori campo devono superare il 50% delle operazioni totali (art. 30 comma 2 lett. d) del DPR 633/72).

Resta ferma, invece, la possibilità di accedere al rimborso, anche in assenza di operazioni attive per i soggetti non residenti che abbiano nominato un rappresentante fiscale in Italia o che si siano identificati direttamente (art. 30 comma 2 lett. e) del DPR 633/72).

Dovrebbe, infine, essere riconosciuto il rimborso per l’imposta derivante dall’acquisto o importazione di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai due terzi del totale degli acquisti imponibili (art. 38-bis comma 2 del DPR 633/72), essendo stato chiarito che l’(iniziale) esiguità delle operazioni imponibili attive non condiziona la spettanza del diritto alla detrazione (ris. Agenzia delle Entrate n. 147/2009).