La Commissione europea mette «nel mirino» i venditori che operano su tali siti internet con una nuova proposta di direttiva

Di Gianluca ODETTO

La Commissione europea ha adottato, lo scorso 15 luglio 2020, una proposta di direttiva che, se approvata, andrebbe a modificare in più punti la direttiva 2011/16/Ue sullo scambio automatico in materia fiscale all’interno dell’Unione europea.

La proposta di direttiva di modifica (c.d. “DAC7”) ha quale obiettivo principale quello di estendere le procedure di scambio automatico ai dati in possesso dei gestori di piattaforme digitali; la norma risulta, però, più estesa, andando a revisionare in modo complessivo la materia nell’ottica dell’ampliamento delle informazioni a disposizione delle Amministrazioni degli Stati membri.

Viene in primo luogo disciplinata in modo espresso, nel contesto dello scambio su richiesta, la materia delle richieste di gruppo, le quali si affiancano a quelle previste dalle Convenzioni e sono limitate – come precisa il prospettato art. 5b della direttiva 2011/16/Ue – a quelle situazioni in cui si ha ragione di ritenere che il gruppo di persone, preso nel suo complesso, non abbia adempiuto correttamente agli obblighi fiscali.

Verrebbe anche modificato l’art. 8, par. 1, della direttiva 2011/16/Ue, il quale dal 2014 contempla lo scambio automatico in ambito comunitario dei dati relativi a redditi di lavoro dipendente, compensi degli amministratori, polizze vita, pensioni, nonché redditi e proprietà immobiliari; a questa elencazione verrebbero aggiunte le royalties e, dal 2023, verrebbe previsto l’obbligo di includere, tra i dati oggetto di inoltro alle altre Amministrazioni, quello del codice fiscale del percipiente.

La novità principale della nuova proposta di direttiva, come sopra specificato, riguarda i gestori delle piattaforme digitali. Lo scopo delle nuove disposizioni (il proposto art. 8ac della direttiva 2011/16/Ue) non sembra, però, quello di verificare il corretto adempimento degli obblighi fiscali in Europa da parte dei gestori di tali piattaforme (da tempo “nel mirino” della Commissione europea), quanto piuttosto quello di controllare la posizione degli utilizzatori di queste piattaforme, i quali propongono attraverso le medesime i propri beni e i propri servizi sia nel contesto B2B che nel contesto B2C.

Il sistema è congegnato in modo tale per cui il gestore della piattaforma digitale (Platform Operator) raccoglie una serie di dati delle persone (fisiche e giuridiche) che sono registrate sulla piattaforma e utilizzano la stessa per fornire i propri beni e i propri servizi (Seller). Si tratta, ad esempio, del nome e del cognome e della data di nascita, se l’utilizzatore è una persona fisica, della denominazione sociale, se l’utilizzatore è una società, dell’indirizzo, del codice fiscale (o numero equivalente) e della partita IVA (se l’utilizzatore agisce in regime di impresa), nonché dell’ammontare dei corrispettivi pagati o accreditati in ciascuno dei periodi oggetto di monitoraggio.

Obblighi rafforzati sono poi previsti nel momento la piattaforma sia utilizzata per servizi di locazione di immobili: in queste situazioni, sono oggetto di scambio da parte del gestore della piattaforma anche l’indirizzo dell’immobile (e, se disponibili, i relativi dati catastali) e, sempre se disponibile, il numero di giorni in cui l’immobile è stato locato.
A questi fini, se il gestore della piattaforma è extracomunitario, sono previsti appositi obblighi di registrazione nell’Unione europea.

Le attività oggetto di monitoraggio sulle piattaforme sono molteplici, e vanno dai sopra citati servizi immobiliari alla vendita di beni, al noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto, al crowdfunding, così come alla generica fornitura di “servizi personali” (definiti quali “servizi svolti sulla base del tempo o della prestazione, prestati online o offline, nel secondo caso se facilitati dalla piattaforma”).

Una volta acquisiti i dati in esame, il gestore della piattaforma trasmette i dati all’autorità competente del proprio Stato di residenza o di stabilimento. Questo Stato, poi, provvede a trasmettere i dati a ciascuno degli Stati membri dove risiedono i vari Seller, o dove gli immobili sono locati.

Si può quindi ipotizzare che, se un venditore italiano cede prodotti o presta servizi per il tramite di una piattaforma stabilita nei Paesi Bassi, il gestore della piattaforma acquisisce i dati delle transazioni effettuate dal venditore (si presume ovunque), li trasmette all’autorità competente dei Paesi Bassi, la quale li trasmette in un secondo momento all’Amministrazione italiana.

Nell’attività di controllo si presume che verrà attentamente valutata la natura abituale o sistematica delle prestazioni effettuate (non tutte le cessioni, infatti, sono idonee a generare reddito).
Le modifiche prospettate esplicherebbero efficacia dal 2022, per cui la direttiva, se verrà approvata nella sua formulazione così come sin qui brevemente descritta, dovrà essere recepita nelle legislazioni degli Stati membri entro il 31 dicembre 2021.