Il cessionario o committente non è, però, tenuto a valutare la sostanza dell’operazione

Di Luca BILANCINI e Emanuele GRECO

La mancata regolarizzazione della fattura ricevuta senza applicazione dell’IVA e in assenza del titolo di non imponibilità è un comportamento sanzionabile in via amministrativa, in capo al cessionario o committente dell’operazione, ai sensi dell’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97.

A queste conclusioni è pervenuta la Cassazione con la sentenza n. 14275, depositata ieri.
Secondo i giudici di legittimità, il cessionario o committente che riceva una fattura senza l’indicazione dell’ammontare dell’IVA non è tenuto a valutare la congruità della eventuale annotazione sostitutiva rispetto all’operazione posta in essere, poiché tale valutazione si tradurrebbe in un “apprezzamento critico” della natura giuridica dell’operazione (come affermato in più occasioni dalla stessa Suprema Corte), ma è chiamato a verificare se la fattura stessa contenga una delle annotazioni sostitutive (dovute a norma dell’art. 21 comma 6 del DPR 633/72) e, in mancanza, a procedere alla regolarizzazione.

Le fatture relative all’operazione effettuata dal cedente o prestatore, essendo state emesse senza indicazione dell’ammontare dell’IVA (elemento obbligatorio della fattura ai sensi dell’art. 21 comma 2 lett. l) del DPR 633/72), devono quanto meno riportare una specifica annotazione che indichi il titolo in virtù del quale l’imposta non è stata applicata.
L’art. 21 comma 6 del DPR 633/72 definisce quali sono i casi in cui l’importo dell’IVA può essere omesso e quali sono le annotazioni che devono essere inserite in luogo del suddetto ammontare (nel caso di specie, secondo la ricostruzione dei giudici, la fattura avrebbe dovuto contenere la dicitura “operazione non imponibile”).

Non essendo stata espletata alcuna regolarizzazione da parte del cessionario o committente rispetto all’annotazione mancante, secondo la Cassazione è irrogabile la sanzione di cui all’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97.
Peraltro, viene ulteriormente messo in luce che la predetta sanzione si applica anche in caso in cui il cedente o prestatore abbia versato successivamente l’imposta ed emesso regolare nota di debito nei confronti del cessionario o committente. Tale comportamento non porterebbe comunque a concludere che la violazione sia di carattere meramente formale.

Secondo i giudici di legittimità, la mancata regolarizzazione del cessionario o committente (ancorché, nel caso di specie, limitata alla sola omessa specificazione del titolo di non imponibilità mancante nella fattura ricevuta) comporterebbe comunque pregiudizio all’azione di controllo.

Tale impostazione è giustificata affermando che “la funzione dell’obbligo di regolarizzazione, posto a carico del cessionario e del committente, è proprio quella di far emergere l’emissione di fatture irregolari da parte del cedente e del commissionario”. Dunque, l’omessa regolarizzazione, richiesta dall’art. 6 comma 8 lett. b) del DLgs. 471/97, in capo al cessionario o committente, sarebbe proprio “la condotta che impedisce o comunque ritarda l’esercizio delle azioni di controllo, volte a recuperare l’imposta evasa dal cedente o dal commissionario (soggetti tenuti in via primaria al versamento dell’imposta) e ad applicare nei loro confronti le relative sanzioni”.

Considerato l’obbligo pressoché generalizzato di emissione di fattura in formato elettronico, il fatto di causa oggetto dell’esame dei giudici di Cassazione potrebbe riguardare un minor numero di soggetti rispetto al passato.
Il Sistema di Interscambio scarta infatti, con codice errore “00413”, le fatture elettroniche nelle quali non sia presente alcun importo nel campo “Aliquota IVA” e non sia contestualmente valorizzato l’elemento “Natura”.
Si ritiene, quindi, che possa essere scongiurato il rischio di infrangere le disposizioni contenute nell’art. 21 comma 6 del DPR 633/72.

Più complessa, invece, è la questione concernente l’applicabilità del principio contenuto nella sentenza n. 14275/2020 anche alle ipotesi in cui il cedente o prestatore abbia compilato il campo “Natura”, indicando, tuttavia, un codice errato.
È il caso, ad esempio, di un esportatore abituale che effettui acquisti per i quali chieda la non applicazione dell’imposta in forza di quanto stabilito dall’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 e riceva una fattura riportante il codice natura “N4” (operazioni esenti), in luogo del codice natura “N3” (non imponibili).

Stando a quanto riportato nella sentenza, ci si potrebbe chiedere se, in tali circostanze, il cessionario o committente sia tenuto a regolarizzare la fattura, posto che si tratterebbe di operare un “apprezzamento critico” sulla valutazione effettuata dal cedente o prestatore.

Se, tuttavia, si considera che, in un’ipotesi come quella sopra rappresentata, l’errore parrebbe del tutto evidente, tenuta anche in considerazione la prassi dell’Amministrazione finanziaria, si dovrebbe ritenere comunque preferibile l’adozione della procedura di cui all’ art. 6 comma 8 lett. b) del DLgs. 471/97.