Sondaggio tra i commercialisti: quasi tutte le imprese hanno provato a chiedere dei prestiti ma ottenerli è sempre più complicato

Di Redazione EUTEKNE

La quasi totalità delle imprese italiane ha provato a richiedere prestiti per poter fronteggiare le difficoltà prodotte dal diffondersi della pandemia e dal conseguente lockdown ma, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno dovuto fare i conti con istituti di credito che hanno alzato un “muro di burocrazia”, richiedendo adempimenti aggiuntivi e dilatando i tempi di evasione delle pratiche.

È quanto emerge da un sondaggio realizzato da Confprofessioni e UNGDEC, che hanno chiesto a 900 commercialisti (consulenti di oltre 15 mila imprese) quale fosse lo stato dell’arte sui finanziamenti con garanzia statale previsti dal decreto “Liquidità”.

Il provvedimento prevede una garanzia al 100% per i finanziamenti fino a 25 mila euro, senza alcuna valutazione del merito creditizio. Per i prestiti fino a 800 mila euro, invece, viene richiesta una valutazione e la garanzia dello Stato arriva fino al 90%, con il restante 10% che può essere coperto dai Confidi.

Nonostante ciò, ottenere i prestiti dalle banche è stato tutt’altro che semplice. Intanto, dal sondaggio emerge che circa il 95% degli imprenditori ha fatto richiesta di credito, la gran parte sotto i 25 mila euro. Quasi sempre (93% dei casi) le risposte degli istituti di credito hanno superato i 15 giorni, con tempi medi di evasione di una pratica tra i 30 e i 40 giorni, sempre nel caso di risposta positiva.

I rispondenti al questionario hanno segnalato che quasi tutte le banche (90% dei casi) hanno richiesto documentazione ulteriore rispetto a quella prevista dal decreto (disattendendo le stesse raccomandazioni dell’ABI), tra cui situazioni prospettiche relative al 2020. Ma c’è anche chi ha chiesto garanzie personali per la parte non coperta da garanzia statale, o ha provato a “piazzare” prodotti abbinati alla concessione del credito (POS, assicurazione sulla vita).

In alcuni casi, si è proceduto comunque con la valutazione del merito creditizio dei richiedenti, procedendo a istruttorie per valutare la loro posizione bancaria. Questo ha fatto sì che i tempi fossero sempre più lunghi. Ad oggi, segnalano i professionisti interpellati, ci sono state “pochissime erogazioni sotto i 25 mila euro e quasi nessuna sopra i 25 mila”. Quanto alle finalità del prestito, nel 36% dei casi il credito concesso è servito a coprire, parzialmente o totalmente, un’esposizione debitoria pregressa del richiedente, mentre nel restante 64% si è trattato di credito aggiuntivo.

“I risultati che emergono da questa indagine sul campo – ha commentato Gaetano Stella, Presidente di Confprofessioni – sono inequivocabili. Con queste premesse è fuori discussione che le attese di liquidità e di tempestiva collaborazione sono state in gran parte disattese dal sistema bancario”.

Dello stesso avviso Raffaele Loprete, Segretario dell’Unione giovani, secondo cui “non è un mistero che la gran parte delle aziende italiane sia sottocapitalizzata e banca-dipendente. È un problema strutturale del sistema delle piccole e medie imprese, che si è paurosamente allargato a seguito della crisi economica da COVID-19, coinvolgendo anche aziende sane e con buone prospettive di mercato”.

“Non ci meraviglia più di tanto – ha aggiunto Matteo De Lise – Presidente dell’Unione – l’atteggiamento delle banche, sempre più restie a concedere finanziamenti alle imprese, anche a fronte di una garanzia dello Stato, ma crediamo si tratti di una strategia miope che rischia di mettere in ginocchio l’intero tessuto economico del nostro Paese”.