L’art. 25 del DL 34/2020 non sembra contenere esclusioni espresse per chi esercita l’attività in forma collettiva
Ai sensi dell’art. 25 comma 10 del DL 34/2020, l’Agenzia delle Entrate è chiamata a definire con un provvedimento del Direttore le modalità di effettuazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa e “ogni altro elemento necessario all’attuazione delle disposizioni” relativi al contributo a fondo perduto.
Si tratta quindi di una formulazione normativa potenzialmente ampia che potrebbe lasciare qualche spazio di manovra all’Agenzia delle Entrate anche sull’ambito applicativo della norma, naturalmente nei limiti previsti del legislatore.
Con riguardo ai soggetti ammessi al contributo, il decreto prima afferma che vi sono ricompresi tutti i soggetti esercenti attività d’impresa (anche agricola) e di lavoro autonomo, poi esclude al comma 2:
– i soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza telematica;
– gli enti pubblici di cui all’art. 74;
– i soggetti di cui all’art. 162-bis del TUIR (intermediari finanziari e società di partecipazione);
– i contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli artt. 27 e 38 del DL 18/2020;
– i lavoratori dipendenti e i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai DLgs. 30 giugno 1994 n. 509 e 10 febbraio 1996 n. 103.
Un aspetto che meriterebbe di essere approfondito è l’applicazione del contributo alle società di persone.
Infatti, mentre alcune esclusioni previste dal comma 2 operano chiaramente per tutti i soggetti (es. cessazione dell’attività), altre sembrano riferirsi alle sole persone fisiche. È il caso, ad esempio, dei professionisti iscritti alla Cassa ovvero di quelli iscritti alla gestione separata INPS di cui al citato art. 27.
Si supponga che una snc artigiana sia costituita da marito (80%) e moglie (20%), il primo iscritto all’INPS artigiani e commercianti in quanto partecipa personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, la seconda invece alla gestione separata INPS in quanto professionista senza Cassa.
In questa situazione di fatto, relativamente ai mesi di marzo e aprile il marito ha potuto ricevere l’indennità di 600 euro ex art. 28 del DL 18/2020.
La moglie, invece, in quanto professionista iscritta all’INPS, ha beneficiato dell’indennità prevista dall’art. 27 del DL 18/2020 e potrà continuare a beneficiarne anche nel mese di maggio in presenza dei requisiti previsti dalla norma.
Fino al mese di maggio, il legislatore si è disinteressato della società che invece diventa ora la destinataria del contributo a fondo perduto. In presenza dei requisiti di calo del fatturato in aprile, l’erario riconosce infatti alla snc un contributo diretto, non tassato, che sembra prescindere dalla situazione soggettiva dei soci e, quindi, anche da eventuali indennità che gli stessi dovrebbero ricevere nel mese di maggio.
Il meccanismo in sé è condivisibile e risponde all’esigenza di intervenire in modo più mirato sui soggetti giuridici effettivamente danneggiati dal lockdown, a differenza di quanto avvenuto con i primi interventi, caratterizzati da una distribuzione a pioggia di micro aiuti (indennità di 600 euro), irrazionale e difficilmente giustificabile anche in rapporto all’emergenza.
Alla luce di quanto sopra riportato, ad analoghe conclusioni sembra si possa pervenire con riferimento agli studi associati che dovrebbero essere quindi ammessi al contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del DL 34/2020.
Gli studi associati, infatti:
– al pari delle società di persone, sono centri autonomi d’imputazione di rapporti giuridici;
– determinano il proprio reddito secondo le regole previste per i redditi di lavoro autonomo;
– non possono essere assimilati ai professionisti iscritti a Cassa, estromessi invece dal beneficio.
Sul piano sistematico, è vero che i soci degli studi associati, almeno secondo l’impostazione adottata dall’INPS nella circolare n. 49/2020, potrebbero beneficiare dell’indennità ex art. 27 del DL 18/2020 ovvero dell’indennità erogata dalle Casse private ai sensi dell’art. 44 dello stesso decreto, ma l’alternatività tra indennità e contributo a fondo perduto dovrebbe funzionare solo nel caso delle persone fisiche.
In caso contrario, si dovrebbe concludere che tutte le volte in cui un professionista è socio di una società il contributo a fondo perduto potrebbe venire meno in quanto il professionista è destinatario dell’indennità dall’INPS o dalla propria Cassa.
Senza dimenticare poi che, per i professionisti iscritti a Cassa, la citata indennità è stata riconosciuta solo in presenza di determinati requisiti reddituali per cui la duplicazione del beneficio, in molti casi, non potrebbe neppure presentarsi.
Resta fermo che un eventuale accoglimento in sede applicativa della ricostruzione proposta non farebbe venire meno la necessità di rivedere la disposizione per eliminare la disparità di trattamento a danno dei professionisti individuali.