Fa discutere l’ultima modifica al decreto Rilancio. Sindacati dei commercialisti pronti alla protesta

Di Savino GALLO

L’esclusione dei professionisti ordinistici dalla platea dei beneficiari del contributo a fondo perduto previsto dal decreto “Rilancio” ha provocato, come prevedibile, malcontento e reazioni indignate. In un comunicato congiunto, i Consigli nazionali degli Ordini aderenti a CUP (Comitato unitario delle professioni), AEGI (Associazione economisti e giuristi insieme) e Rete delle professioni tecniche hanno parlato di “scelta inaccettabile, che dimostra una volta di più un atteggiamento sostanzialmente punitivo della politica nei confronti di un settore determinante per il sistema economico del Paese”.

Si ricorda che il provvedimento, nella versione bollinata, prevede l’erogazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di un contributo a fondo perduto del 10-15 o 20% a favore di imprese e lavoratori autonomi che nel mese di aprile 2020 abbiano registrato un calo del fatturato di oltre un terzo rispetto a quello dello stesso mese del 2019. Le prime bozze del decreto sembravano escludere dal beneficio solo i professionisti ordinistici con un reddito superiore a 50 mila euro, ma la versione definitiva ha apportato, all’art. 25, comma 2, una modifica a tale impostazione aggiungendo agli esclusi tutti i “professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui a decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103” (si veda “Professioni ordinistiche fuori dal contributo a fondo perduto” del 19 maggio).

Eppure, sottolineano i Consigli nazionali degli ordini professionali, si tratta di un comparto che “sta attraversando una fase di enorme difficoltà” e, proprio come le altre realtà del mondo del lavoro autonomo e dipendente, “necessita di un sostegno concreto da parte dello Stato”.

“Avevamo già denunciato – si legge nella nota stampa diffusa ieri – la disparità di trattamento riservataci nel DL «Cura Italia». La modifica appena apportata al DL «Rilancio» è una conferma della scarsa consapevolezza dei problemi di milioni di lavoratori”.

Le professioni ordinistiche chiedono al Governo di sanare questa evidente disparità di trattamento, annunciando “battaglia” per la modifica della norma e per l’affermazione di un principio più generale, che preveda l’equiparazione tra le misure a favore delle imprese e quelle dedicate ai professionisti.

Sul piede di guerra anche i sindacati dei commercialisti. “Non chiediamo scorciatoie o privilegi – spiegano –. Al contrario, ci aspettiamo di essere trattati come tutti gli imprenditori e i lavoratori autonomi del nostro Paese”.
Nella nota congiunta pubblicata ieri, le nove associazioni (ADC – AIDC – ANC – ANDOC – FIDDOC – SIC – UNAGRACO – UNGDCEC – UNICO) si dicono “sconcertate” dall’ultima modifica al decreto e prendono atto che non si sia trattato di “reiterata e antipatica distrazione”, ma di una “estromissione intenzionale, mirata nei confronti delle professioni ordinistiche”.

L’auspicio è che il Parlamento, nel corso dell’iter di conversione in legge, possa eliminare una “insensata discriminazione”. In caso contrario, minacciano le associazioni, “valuteremo con i nostri iscritti tutte le più opportune iniziative da intraprendere, che non potranno che essere proporzionate al sentimento di forte sconcerto, che mai come in questo momento alberga in tutte le donne e gli uomini della categoria”.

I commercialisti, spiegano, “non sono più disposti ad accettare di essere messi da parte”. Se non dovessero esserci inversioni di rotta, azioni di protesta saranno inevitabili, con la consapevolezza che di fronte a simili provvedimenti l’adesione da parte degli iscritti “non potra? che essere massiccia”.