Detrazione IRPEF o deduzione IRES del 30% delle somme apportate dai soci, con un meccanismo mutuato da quello delle start up innovative

Di Gianluca ODETTO

L’art. 49 dell’ultima bozza disponibile del DL “Rilancio” disciplina una misura di favore, mutuata da quella ormai rodata delle start up innovative, per la capitalizzazione delle imprese danneggiate dalla pandemia COVID-19. Sono tali le imprese aventi sede in Italia o le stabili organizzazioni di imprese comunitarie con fatturato tra i 5 e i 50 milioni di euro, le quali hanno subìto una diminuzione del fatturato di oltre il 33% nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (diminuzione che deve essere autocertificata dall’impresa stessa).

Per la nozione di “fatturato” ci si dovrebbe rifare alla nozione contenuta nella circ. Agenzia delle Entrate n. 9 del 13 aprile 2020, secondo cui a tali fini si intenderebbe il totale delle operazioni eseguite ai fini dell’IVA e fatturate o certificate. Qualche dubbio risulta, però, per la valutazione della soglia dimensionale “a monte” (la produzione di un fatturato tra i 5 e i 50 milioni di euro), in quanto la soglia massima è quella prevista per la definizione di media impresa in sede comunitaria: pur se, in quella sede, a livello terminologico si usa la parola “fatturato”, con essa è pacificamente inteso il livello di ricavi.

Stando alle bozze del provvedimento i benefici, come per le agevolazioni per le start up, competono ai soggetti che effettuano la capitalizzazione, e si sostanziano nella detrazione dall’IRPEF lorda del 30% della somma investita, con un investimento massimo che non può eccedere un milione di euro e, quindi, una detrazione massima di 300.000 euro (la quale dovrebbe essere fruibile anche dalle persone ad alto reddito, avendo natura “speciale” e non ricadendo, quindi, nel meccanismo di parametrazione al reddito complessivo previsto dall’art. 1 comma 629 della L. 160/2019).
Per i soggetti IRES l’investimento rappresenta, invece, un onere deducibile, sempre nella misura del 30% ma con un limite fissato a 1,8 milioni di euro: la deduzione massima ammonta, quindi, a 540.000 euro, con un risparmio d’imposta massimo di 129.600 euro.

In entrambi i casi sono previsti meccanismi di riporto delle eccedenze ai tre anni successivi. Come per le agevolazioni nei confronti delle start up innovative, inoltre, l’investimento può essere diretto, o per il tramite di fondi comuni o OICR.

I benefici competono solo per l’anno 2020, e sono quindi naturalmente rivolti ai soggetti che, in virtù delle prospettate perdite che queste società realizzeranno, decidono di capitalizzarle (o, si ritiene, di ricapitalizzarle nei contesti di ripianamento delle perdite). In virtù del richiamo espresso alle disposizioni per le start up contenute nel DM 7 maggio 2019, l’investimento agevolato dovrebbe essere riservato ai conferimenti in denaro, e sostanziarsi nei versamenti iscritti alle voci capitale sociale o riserva sovrapprezzo. Come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 16/2014 (§ 6.3), le agevolazioni non competono se i versamenti sono iscritti a riserve del tipo “versamenti in conto capitale”, “versamenti a fondo perduto” o equivalenti, pur se essi hanno per la società natura di patrimonio netto e non di debiti.

Se vale l’equiparazione con le start up innovative dovrebbero essere agevolate anche le rinunce ai crediti operate dai soci, purché nel contesto di un aumento di capitale (e non, quindi, con la costituzione nel passivo di una riserva “generica”).
La nuova norma agevola, inoltre, gli apporti a favore del fondo di dotazione delle stabili organizzazioni italiane di imprese comunitarie o con sede nello Spazio economico europeo.

Dovranno essere chiarite le eventuali cause di decadenza dell’agevolazione. La disciplina delle start up innovative prevede in modo espresso che l’investimento debba essere mantenuto per almeno tre anni, mentre questa condizione non è prevista in modo espresso dalla disciplina della nuova agevolazione per la capitalizzazione. A rigore non dovrebbero, quindi, esplicare efficacia le norme dell’art. 6 del DM 7 maggio 2019, che impongono la decadenza dai benefici per le start up nel momento in cui vi sia, nel successivo triennio, la cessione delle partecipazioni ricevute a fronte dell’investimento, o la riduzione del capitale in precedenza aumentato. Rimane tuttavia da valutare il possibile ricorso del Fisco alla disciplina generale anti abuso.

Dovrebbero invece essere estese alla nuova agevolazione le regole tecniche previste dal DM attuativo delle start up per le società che fanno parte di consolidati fiscali o che hanno esercitato l’opzione per la trasparenza.

Come era logico prevedere, le agevolazioni in esame non sono cumulabili con quelle per le start up innovative e per le PMI innovative, avendo di fatto il medesimo oggetto.
La nuova agevolazione, infine, si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal nuovo quadro comunitario sugli aiuti di Stato stabilito lo scorso 19 marzo.