È applicabile anche ai «piccoli» e in assenza di contrazione del fatturato 2020, ma la distribuzione del beneficio tra gli aventi diritto è irrazionale

Di Luca FORNERO e Enrico ZANETTI

Il c.d. DL “Rilancio”, nella versione risultante a seguito dell’approvazione definitiva del Consiglio dei Ministri di ieri, conferma, per imprese e lavoratori autonomi, l’esclusione dal versamento del saldo IRAP relativo al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019 (2019, per i “solari”) e della prima rata dell’acconto IRAP relativo al periodo di imposta successivo (2020, per i “solari”).
Rispetto alle anticipazioni dei giorni scorsi, mutano, tuttavia, i requisiti che attribuiscono il diritto a fruire dello “sconto fiscale”.

Innanzitutto, la misura viene estesa anche ai “piccoli”, essendone prevista l’applicazione alle imprese e ai lavoratori autonomi con, rispettivamente, ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del DL (vale a dire, nel 2019, per i soggetti “solari”). Le bozze circolate nei giorni scorsi, invece, prevedevano che dal beneficio fossero esclusi anche i contribuenti con ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro.

È stato, inoltre, eliminato il requisito del calo del fatturato/corrispettivi, sicché, in base alla versione finale del DL la misura compete indipendentemente dall’andamento del fatturato e dei corrispettivi del 2020.
Rimane, invece, confermato che il versamento della prima rata è escluso “nella misura prevista” dall’art. 17 comma 3 del DPR 435/2001 e, dunque, in misura pari al 40% dell’acconto complessivamente dovuto. Pertanto, anche i contribuenti soggetti agli ISA dovrebbero quantificare la prima rata di acconto esclusa dal versamento in misura pari al 40% e non al 50%.

Restano in ogni caso tenuti al versamento del saldo 2019 e del primo acconto 2020 secondo le consuete modalità, in quanto espressamente esclusi dal beneficio:
– gli intermediari finanziari, le società di partecipazione finanziaria e non finanziaria (“vecchie” holding industriali), come definiti dall’art. 162-bis del TUIR;
– le imprese di assicurazione (di cui all’art. 7 del DLgs. 446/97);
– le Amministrazioni Pubbliche (di cui all’art. 10-bis del DLgs. 446/97).

Da tenere presente che la disposizione si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.

Innanzitutto, la circostanza che rimanga fermo il versamento dell’acconto dovuto per il 2019, rende lo sconto fiscale “effettivo” soltanto in presenza di un saldo 2019 a debito, circostanza che, di regola, ricorre solo per i soggetti che abbiano incrementato il valore della produzione netta nel 2019 rispetto al 2018 (e, dunque, vantino un’IRAP dovuta per il 2019 superiore a quella dovuta per il 2018).

Si pensi, a titolo di esempio tra molti che potrebbero essere fatti, al caso di un soggetto “non ISA” che ha chiuso il 2018 con un’IRAP dovuta pari a 100 e che chiuderebbe il 2019 con un’IRAP dovuta pari a 90: ipotizzando che abbia versato l’acconto IRAP 2019 col metodo storico (e, dunque, in misura pari a 100), in questo caso l’IRAP che gli viene abbuonata “a titolo definitivo” è pari a zero, salvo l’emergere di un saldo a credito pari a 10, che avrebbe avuto comunque.
Se, invece, chiudesse il 2019 con un’IRAP dovuta in misura pari a 130, sempre sulla base del presupposto che abbia versato l’acconto IRAP 2019 col metodo storico (in misura pari a 100), avrà un beneficio di 30 che non sarà soltanto finanziario, ma anche economico.

Fino a quando si tratta di concedere benefici soltanto finanziari, come il differimento del termine di versamento, è chiaro che a fruirne sono solo coloro che hanno un saldo da versare, ma, quando il beneficio diventa anche economico (perché un pezzo di imposta viene abbuonata “a titolo definitivo”), è lecito chiedersi se la sua distribuzione tra contribuenti solo in funzione della variabile rappresentata dalla dinamica crescente o decrescente dell’imposta dovuta sul 2018 e, in assenza dell’abbuono, sul 2019, costituisca davvero una allocazione razionale, ragionevole ed equa delle risorse disponibili.

Probabile che chi nel 2019 non ha chiuso con una base imponibile e un’IRAP dovuta in crescita rispetto al 2018, resterà alquanto perplesso a causa di questo modus operandi che forse non è stato valutato nemmeno da un legislatore che ha probabilmente tarato il meccanismo normativo sull’effetto macro, senza troppo badare alla sua “distribuzione micro”.

Infine, si evidenzia che, se l’IRAP dovuta per il 2020 (risultante dalla dichiarazione IRAP 2021) non sarà interamente “coperta” dalla rata dell’acconto 2020 di novembre (che, ad ora, rimane dovuta nella misura del 60%), quanto non versato come prima rata dovrebbe, di fatto, essere recuperato in sede di saldo 2020, fatte salve ulteriori modifiche nell’iter di conversione in legge.