È irrazionale prorogare anche i termini che scadono dopo il 2020

Di Dario AUGELLO

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato ieri la circolare n. 11, che contiene chiarimenti interpretativi sull’applicazione delle misure fiscali previste dal DL 18/2020 e dal DL 23/2020. Tra i temi trattati vi sono, a titolo esemplificativo, la detrazione per le mascherine, il credito d’imposta per botteghe e negozi e gli adempimenti connessi ai misuratori fiscali.

Per quanto riguarda la sospensione dei termini delle attività di accertamento stabilita dall’art. 67 del DL 18/2020, alla luce delle modifiche introdotte con la legge di conversione, nella risposta n. 5.9 l’Agenzia, facendo leva sulla sospensione dei termini delle attività di controllo e accertamento dall’8 marzo al 31 maggio 2020, sembra giungere alla conclusione che sarebbero prorogati di 84 giorni tutti i termini di decadenza delle attività di accertamento, anche se il termine non scade entro il 2020.

Secondo la tesi erariale sarebbero dunque sospesi per 84 giorni anche i termini di decadenza, che scadono dopo il 31 dicembre 2020 (cioè accertamenti per periodi d’imposta 2016, 2017, 2018).
Giova ricordare che, nella versione originaria del DL 18/2020, era prevista una proroga biennale per tutti i termini di decadenza delle attività di accertamento in scadenza al 31 dicembre 2020, per effetto del rinvio all’art. 12 del DLgs. 159/2015 contenuto nell’art. 67 comma 4 del DL 18/2020.
In particolare, la proroga biennale dei termini sarebbe derivata dall’applicazione dell’art. 12 comma 2 del DLgs. 159/2015.

Tale norma (comma 2) dispone che, in caso di sospensione dei termini di versamento per eventi eccezionali, i termini di prescrizione e decadenza relativi alle attività degli uffici finanziari (…) che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione dei versamenti, sono prorogati, in deroga alle disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente, fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.
Per questa ragione, con riferimento a tutte le attività di controllo e accertamento interessate dalla sospensione dei termini tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020, era pacifica, nella versione originaria del DL 18/2020, la proroga dei termini fino al 31 dicembre 2022.

Per effetto della proroga biennale di cui all’art. 12 comma 2, la prassi non si è interessata, nei giorni successivi alla pubblicazione del DL 18/2020, al rinvio all’art. 12 comma 1 (si veda la circ. n. 8/2020, punto 2.12).
Ed effettivamente il comma 2 sembra comprendere il comma 1, con la conseguenza che l’applicazione del comma 2 assorbe ogni questione sul comma 1.

Da un lato, infatti, il comma 1 si limita a differire i termini delle attività di accertamento, che scadono nel periodo di emergenza stabilito dalla legge, entro il termine successivo individuato per i versamenti sospesi e relativi alla medesima imposta.

Dall’altro lato, il comma 2 detta una proroga di tutti i termini di controllo e accertamento che scadono “entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione”, compresi dunque i termini che scadono nel periodo di emergenza.
Ora, la legge di conversione del DL 18/2020 ha previsto che si applichi ai termini di decadenza e prescrizione delle attività degli enti impositori non già l’art. 12 del DLgs. 159/2015 (nel suo complesso), ma unicamente i commi 1 e 3, negando quindi che si applichi il comma 2.
Tale modifica ha reso necessario un coordinamento tra l’art. 67 e l’art. 12 comma 1 del DLgs. 159/2015 e proprio su questo punto si esprime la circ. n. 11/2020.

Tuttavia non sembra che l’Agenzia abbia attentamente valutato il coordinamento tra art. 67 e art. 12 comma 1 come imposto dall’art. 67 comma 4.
Anzi si può dire che l’interpretazione fornita dall’Agenzia non tiene proprio conto dell’art. 12, comma 1, cui pure il documento di prassi rinvia.
Tuttavia i limiti imposti dall’art. 12, comma 1 non possono essere ignorati, in quanto essi impongono, in situazione di emergenza, un collegamento tra i versamenti sospesi e i termini delle attività dell’ufficio, che sono di pari passo sospesi.

Per questa ragione la tesi indicata dall’Agenzia, che pure potrebbe essere condivisibile in assenza del rinvio all’art. 12 comma 1, non convince. D’altro canto anche le conseguenze del rinvio all’art. 12, comma 1 contenuto nell’art. 67 comma 4 non sono di sicura interpretazione.

Secondo l’orientamento che si predilige (si veda “Niente proroga per i termini di accertamento di fine anno” del 4 maggio 2020) il rinvio all’art. 12 comma 1, dovrebbe comportare unicamente una proroga dei termini delle attività di accertamento, che scadono nel periodo interessato dall’emergenza, fino al mese successivo al termine del periodo di sospensione.

Il rinvio all’art. 12 comma 1 impone, per la stessa ragione, di non estendere la sospensione dei termini di cui all’art. 67 alle attività che non sono in scadenza tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020: come la proroga dei termini concerne i versamenti in scadenza nel periodo di emergenza, e non certo i versamenti che maturano, ma non sono esigibili, nel periodo di emergenza, allo stesso modo i termini delle attività cui si riferisce l’art. 67 sono unicamente quelli in scadenza nel periodo di emergenza.