Il DPCM firmato ieri non sospende le attività dei professionisti. Miani: «Noi essenziali, ma fateci lavorare al meglio»
Gli studi professionali potranno continuare la loro attività. Nella totale incertezza comunicativa che ha caratterizzato la giornata di ieri, con il nuovo DPCM firmato dal Premier Conte arrivato solo in serata dopo un susseguirsi di bozze, è questa la decisione del Governo relativa ai professionisti.
Il provvedimento recita testualmente all’art. 1, lettera A: “Le attività professionali non sono sospese e restano ferme le previsioni di cui all’art. 1, punto 7, del DPCM 11 marzo 2020”, ovvero le raccomandazioni relative all’incentivazione di lavoro agile, ferie e congedi retribuiti, e all’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio come il rispetto della distanza interpersonale e, ove non fosse possibile, la dotazione ai dipendenti di appositi strumenti di protezione quali guanti e mascherine.
Sono invece sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 dello stesso DPCM che include, fra l’altro, l’industria alimentare (codice Ateco 10), l’industria delle bevande (codice Ateco 11), l’industria chimica (codice Ateco 20), i servizi dell’informazione e tutte quelle attività che sono state ritenute essenziali dal Governo, ivi comprese le attività legali e contabili (codice Ateco 69). Resta fermo, per le attività commerciali, quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 e dall’ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020.
Le disposizione del DPCM si applicano da oggi e sono efficaci fino al prossimo 3 aprile, ma le imprese che devono sospendere l’attività hanno la possibilità di completare quanto serve per la sospensione entro il prossimo 25 marzo, compresa la spedizione della merce in giacenza.
Considerato che la potestà legislativa sulla materia rimane in capo al Governo centrale, tale decisione dovrebbe essere valida anche per quelle Regioni, come Lombardia e Piemonte, in cui delle apposite ordinanze emanate dai Governatori il 21 marzo avevano disposto la chiusura degli studi (si veda “Il DPCM prevale sulle Ordinanze delle Regioni” di oggi).
Ma a prescindere dal conflitto di competenza, la questione non riguarderebbe comunque gli studi dei commercialisti, dato che anche nelle due citate ordinanze regionali, si disponeva la chiusura dell’attività professionali, “salvo quelle relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza”.
Casistica in cui rientrano certamente gli studi dei commercialisti (ma lo stesso vale, ad esempio, anche per i consulenti del lavoro), alle prese con scadenze più o meno urgenti, prima fra tutte quella del 31 marzo per la consegna delle certificazioni uniche relative al 2019 e dei dati per la dichiarazione dei redditi precompilata.
Un’ulteriore dimostrazione del fatto che, ha sottolineato Massimo Miani in una nota stampa diffusa ieri, “quelli offerti dai commercialisti siano comunque servizi essenziali per le imprese e per i cittadini del nostro Paese”. Secondo il Presidente del CNDCEC, l’attività degli iscritti “deve andare avanti anche in questo drammatico frangente e anche in Regioni quali Lombardia e Piemonte”, a patto che vengano messi nelle condizioni di lavorare al meglio e di tutelare la salute dei lavoratori.
“Unitamente alle associazioni sindacali di categoria – aggiunge –, riteniamo che l’apertura dei nostri studi passi necessariamente per la decisione a monte di una sospensione più prolungata di tutte le scadenze. Ad oggi queste sospensioni sono state soltanto parziali e di brevissima durata”.
Considerato l’aggravarsi dell’emergenza, secondo il Consiglio nazionale la dichiarazione dei redditi precompilata “dovrebbe semplicemente essere accantonata per quest’anno, in modo da eliminare in un colpo solo una serie di adempimenti utili soltanto a far sì che l’Agenzia delle Entrate possa metter a disposizione un precompilato che, il più delle volte, è sempre un commercialista a verificare e trasmettere alla stessa Agenzia”.
Come fatto già in precedenti occasioni e, da ultimo, in una missiva inviata proprio ieri al Premier Conte e al Ministro dell’Economia Gualtieri, Miani sottolinea che “anche in questo difficilissimo passaggio per la vita del Paese, i commercialisti sono pronti a non interrompere la loro attività”, avanzando una serie di richieste per fare sì che siano messi nella condizione di “organizzarci per il meglio, tutelando noi stessi e i nostri cari”.
Tra queste, la compensazione dei crediti per imposte dirette anche prima della presentazione delle dichiarazioni e l’estensione alla categoria delle misure di sostegno da cui ad oggi sono stati esclusi, come il credito d’imposta per gli studi professionali condotti in locazione e le indennità a favore dei lavoratori autonomi.
Se messi nelle giuste condizioni, conclude Miani, “i commercialisti saranno pronti, come sempre hanno fatto, ad offrire il loro contributo di competenza e professionalità al nostro Paese, rendendo ancor più evidente il ruolo fondamentale svolto dalla nostra categoria nello svolgimento di servizi sicuramente essenziali per la collettività e lo Stato nella sua interezza”.