Restano alcuni aspetti sui nuovi presupposti di accesso che meriterebbero ulteriori approfondimenti ufficiali

Di Paola RIVETTI

Con la risoluzione n. 7, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate conferma il contenuto e le conclusioni della risposta alle interrogazioni parlamentari nn. 5-03471 e 5-03472 del 5 febbraio scorso, con la quale era stato chiarito che i nuovi presupposti per l’applicazione del regime forfetario relativi al sostenimento di determinate spese per lavoro e al possesso di redditi di lavoro dipendente e assimilati sono operativi dal 1° gennaio 2020, per cui l’applicazione del regime per quest’anno richiede di verificare tali condizioni con riferimento alla situazione consolidatasi nell’anno precedente.

Conseguentemente, i contribuenti che, nel 2019, hanno sostenuto le spese per lavoro specificamente individuate in misura superiore a 20.000 euro e/o hanno percepito redditi di lavoro dipendente e a questo assimilati superiori a 30.000 euro, non possono applicare il regime agevolato nel 2020.

Sebbene la decorrenza dei nuovi presupposti d’accesso risulti definita, permangono alcuni aspetti sui quali sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate tornasse con ulteriori chiarimenti ufficiali.
Ad esempio, l’art. 1 comma 57 lett. d-ter) della L. 190/2014 dispone che la verifica della soglia di 30.000 euro è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato. Rispetto a tale aspetto, con riferimento alla medesima causa ostativa in vigore fino al 2018, la circ. n. 10/2016 (§ 2.3) aveva precisato che rilevano esclusivamente le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario.

Sulla base di tale chiarimento, quindi, se la cessazione del rapporto avvenisse, ad esempio, a maggio 2020, la stessa non sarebbe idonea a evitare di considerare la soglia dei 30.000 euro ai fini dell’applicabilità del regime forfetario per una nuova attività avviata a giugno dello stesso anno. Tale impostazione, tuttavia, non pare coerente con la ratio della disposizione, affermata dalla medesima circ. n. 10/2016, consistente nell’“incoraggiare il lavoratore rimasto senza impiego e senza trattamento pensionistico mediante la concessione di agevolazioni fiscali”.

Sempre con riferimento al medesimo requisito, sarebbe opportuna una presa di posizione ufficiale in relazione all’eventuale inclusione nel limite dei 30.000 euro delle somme qualificabili come redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati, ai sensi degli artt. 49 e 50 del TUIR, ma assoggettate a tassazione separata (es. le indennità connesse alla cessazione del rapporto o gli arretrati per prestazioni riferibili ad anni precedenti alle condizioni previste dall’art. 17 comma 1 del TUIR) oppure sostitutiva (come i premi di risultato assoggettati all’imposta sostitutiva del 10% di cui all’art. 1 commi 182 ss. della L. 208/2015).

Si segnala, inoltre, che, nella giornata di ieri, è stata anche pubblicata la risposta a interpello n. 48, la quale ribadisce che può essere applicato il regime forfetario all’atto dell’avvio di una nuova attività per la quale si renderebbe applicabile un regime speciale ai fini IVA. Il caso specifico riguarda un soggetto che ha iniziato un’attività in regime forfetario nel 2019 e, in corso d’anno, avvia una seconda e ulteriore attività per la quale sarebbe applicabile il regime del margine.

Al riguardo, con la circolare n. 9/2019 (§ 2.3.1), era stato precisato che, per le attività assoggettabili a un regime speciale IVA, l’applicazione del regime forfetario è possibile a condizione che, nell’anno d’imposta precedente, sia stata preventivamente esercitata l’opzione per il regime ordinario ai fini dell’IVA e delle imposte dirette. La necessità di esercitare l’opzione sussiste per i soggetti che hanno un’attività in corso per la quale hanno già applicato il regime del margine e non per coloro che intraprendono l’attività (così già la risposta a interpello Agenzia delle Entrate 28 giugno 2019 n. 215).