Conta, quindi, l’annualità in cui si raggiunge l’accordo circa il pagamento mediante compensazione
Dovendo la fattura essere emessa nel momento in cui viene liquidata, anche mediante accordo relativo a una compensazione, la somma pattuita, occorre considerare anche tali elementi positivi di reddito e l’intervenuta esigibilità dell’IVA ai fini del superamento della soglia di punibilità relativa alla fattispecie di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 comma 1 del DLgs. 74/2000.
A precisarlo è la Cassazione, nella sentenza n. 4693, depositata ieri.
L’art. 5 comma 1 del DLgs. 74/2000 punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’IVA, non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa risulti superiore, con riferimento a ciascuna delle imposte stesse a cinquantamila euro. Sulla pena comminata è recentemente intervenuto il DL 124/2019 convertito. L’art. 39 comma 1 lett. h), infatti, ha sostituito la reclusione da “un anno e sei mesi a quattro anni” con la reclusione da “due a cinque anni”.
Tali novità hanno efficacia dal 24 dicembre 2019, data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del DL 124/2019 (ex art. 39 comma 3 del DL 124/2019).
Occorre, peraltro, considerare che, sebbene i termini per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al 2018 siano risultati a tale data già scaduti, la nuova disciplina è destinata ad avere comunque per essa rilievo. Il momento consumativo, infatti, è quello – tratto dal comma 2 dell’art. 5 del DLgs. 74/2000 – della scadenza del termine di 90 giorni a decorrere da quello finale previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale.
Ciò comporta che anche alle omesse dichiarazioni 2018 (con imposta evasa superiore a cinquantamila euro) si applicano da subito le nuove regole e, in particolare, la reclusione da due a cinque anni in luogo della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
Il caso di specie, peraltro, atteneva, chiaramente, alla previgente disciplina (in particolare, riguardava redditi e IVA relativi al 2011) e vedeva il rappresentante legale di una srl contestare la condanna, sia in primo grado che in appello, per omessa dichiarazione, dal momento che, non considerando talune fatture emesse dalla società amministrata nel corso del 2011, perché pagate attraverso la compensazione con crediti dei destinatari delle stesse relativi ad annate pregresse, la soglia di punibilità non sarebbe stata superata. Si sottolineava, cioè, come tali fatture non fossero rappresentative di redditi conseguiti nell’anno di imposta 2011.
La Suprema Corte rigetta il ricorso.
Per giungere a tale conclusione, i giudici della terza sezione penale richiamano l’orientamento civilistico che, in materia di IVA, ha precisato come le prestazioni di servizi si considerino effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo; con la conseguenza che, nel caso in cui i rapporti sinallagmatici siano stati definiti fra le parti mediante compensazione, la relativa fattura deve essere emessa alla data in cui, per effetto dell’accordo raggiunto dalle parti, si verifica l’estinzione del credito (cfr. Cass. n. 6120/2009). Determinante, dunque, risulta essere il momento in cui le parti si accordano circa l’esecuzione del pagamento mediante compensazione con conseguente emissione della relativa fattura.
La srl del caso di specie, come evidenziato, era gravata da debiti verso altre società in relazione ad annualità pregresse. Il rappresentante legale condannato emetteva, nel corso del 2011, anche fatture verso tre di queste società e provvedeva a cancellare le posizioni debitorie della srl per compensazione.
Si osserva, quindi, come le fatture in questione risultassero emesse a compensazione di debiti maturati in esercizi contabili precedenti, con gli importi relativi a questi ultimi che, quali elementi negativi, avevano contribuito alla formazione del reddito relativo a tali precedenti esercizi; le medesime fatture ora, venendo a costituire, a seguito dell’abbattimento di pregresse posizioni debitorie, elementi positivi di reddito, avrebbero dovuto essere inserite nelle dichiarazioni fiscali relative all’anno di emissione.
E allora, afferma la Suprema Corte, non dubitandosi del fatto che i rapporti esistenti fra le società in questione fossero stati estinti nel 2011 per effetto dell’accordo intervenuto in ordine alla compensazione – attraverso la quale erano state cancellate le relative posizioni debitorie della srl, con conseguente arricchimento patrimoniale della medesima ed emissione delle connesse fatture – i relativi importi avrebbero dovuto considerarsi proprio relativamente all’anno 2011.
Di conseguenza, ai fini del calcolo della soglia di punibilità prevista per la fattispecie di omessa dichiarazione (cinquantamila euro), anche gli importi di queste fatture dovevano essere presi in considerazione; circostanza che, nella specie, determina il relativo superamento sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini dell’IVA.