Con il decreto attuativo della direttiva PIF sanzioni più severe per i reati connessi all’IVA e alle frodi comunitarie

Di Maria Francesca ARTUSI

Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri in esame preliminare lo schema di decreto per l’attuazione della direttiva Ue 2017/1371 (c.d. direttiva PIF, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione).
Con tale direttiva, come recepita dalla L. 117/2019, il Governo italiano è stato chiamato ad integrare le disposizioni del DLgs. 231/2001, prevedendo tale responsabilità anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, che non siano già compresi nel catalogo di quelli che possono dare origine alla responsabilità degli enti, da accertarsi avanti al giudice penale.

Una prima attuazione rispetto a quanto richiesto dall’Unione europea può già essere individuata nell’inserimento di alcuni dei più gravi delitti tributari tra i reati presupposto della responsabilità degli enti (si vedano “Verso l’inserimento delle frodi IVA tra i reati 231” del 19 ottobre 2019 e “Con la responsabilità degli enti per i reati tributari modelli 231 da aggiornare” del 18 gennaio 2020).

Il DL 124/2019 convertito ha, infatti, introdotto l’art. 25-quinquiesdecies nel DLgs. 231/2001 in cui si prevedono sanzioni pecuniarie da 400 a 500 quote (aumentabili fino ad un terzo) e sanzioni interdittive per le società e gli enti a seguito della commissione dei delitti di dichiarazione fraudolenta (artt. 2 e 3 del DLgs. 74/2000), emissione di fatture false (art. 8 del DLgs. 74/2000), occultamento o la distruzione dei documenti contabili (art. 10 del DLgs. 74/2000) e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del DLgs. 74/2000).

Con il nuovo decreto legislativo, oltre ad alcune modifiche ai reati maggiormente connessi agli interessi finanziari Ue (come il peculato mediante il profitto dell’errore altrui, l’induzione indebita a dare o promettere utilità, la truffa aggravata e i reati di contrabbando), si interviene nuovamente sul DLgs. 231/2001.
Per quanto riguarda il diritto penale-tributario, viene integrato il neonato art. 25-quinquiesdecies con la previsione di un comma 1-bis che punisce i delitti di infedele dichiarazione (fino a 300 quote), di omessa dichiarazione (fino a 400 quote) e di indebita compensazione (fino a 400 quote), “se commessi anche in parte nel territorio di altro Stato membro dell’UE al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a 10 milioni di euro”. Come per gli altri reati fiscali inseriti in questo articolo, è prevista una pena aggravata in caso di profitto di rilevante entità e l’applicabilità delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9 comma 2 del DLgs. 231/2001.

Viene, poi, previsto l’inserimento dell’art 25-sexiesdecies dedicato ai reati di contrabbando disciplinati dal DPR 43/1973, a cui conseguono una sanzione pecuniaria fino a 200 quote (fino a 400 quando i diritti di confine superano i 100.000 euro) e le sanzioni interdittive del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi e del divieto di pubblicizzare beni o servizi (art. 9 comma 2 lett. c), d), e) del DLgs. 231/2001).

Sono inseriti anche nuovi reati contro la Pubblica Amministrazione con la previsione – negli artt. 24 e 25 del DLgs. 231/2001 – dei delitti di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), delle frodi nel settore agricolo (art. 2 della L. 898/1986), di peculato (artt. 314 comma 1 c.p. e 316 c.p.) e di abuso di ufficio (art. 323 c.p.).

Come accennato, alcuni interventi hanno toccato anche direttamente il codice penale prevedendo delle aggravanti allorché alcune condotte ledano gli interessi finanziari dell’Unione con un danno o un profitto superiore a 100.000 euro (artt. 316316-ter e 319-quater c.p.). Inoltre, la relazione illustrativa al decreto precisa che i reati di contrabbando rappresentano fatti lesivi degli interessi finanziari dell’Ue e, in quanto tali, “si è resa necessaria la criminalizzazione di condotte che erano state di recente depenalizzate” ad opera del DLgs. 8/2016.

Si noti ancora che, per quanto riguarda gli illeciti fiscali, è previsto un nuovo comma 1-bis nell’art. 6 del DLgs. 74/2000 dedicato al tentativo. Questo articolo attualmente consta di un unico comma volto a stabilire che i delitti di dichiarazione fraudolenta e infedele non sono comunque punibili a titolo di tentativo. Con il nuovo decreto legislativo tale esclusione non opera nei casi in cui gli atti diretti a commettere tali delitti (artt. 2, 3 e 4 del DLgs. 74/2000) sono compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Ue, al fine di evadere l’IVA per un valore complessivo non inferiore a 10 milioni di euro (salvo che il fatto integri il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti).