L’eventuale applicazione al soggetto agente della causa di non punibilità per il reato presupposto non impedisce la sanzione amministrativa

Di Stefano COMELLINI

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista all’art. 131-bis c.p. non è applicabile alla responsabilità amministrativa prevista dal DLgs. n. 231/2001.
Il principio di diritto, ribadito dalla Cassazione con la sentenza n. 1420 depositata ieri, trae fondamento dalla differenza tra la responsabilità penale (che per espressa previsione legislativa può essere esclusa a fronte della particolare tenuità del danno e del pericolo provocati dalla condotta illecita nonché delle altre condizioni richieste dall’art. 131-bis c.p.) e quella dell’ente, definita dal legislatore come “amministrativa”, e conseguente al reato commesso, nel suo interesse o vantaggio, da chi al suo interno si trovi in posizione apicale o sia soggetto all’altrui direzione.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano applicato la detta causa di non punibilità a una società incolpata dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies del DLgs. n. 231/2001, in relazione al reato di cui all’art. 256 del DLgs. n. 152/2006 contestatole per l’esecuzione, nel suo interesse, di attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi da parte del legale rappresentante della stessa.
Proprio in virtù del principio di diritto sopra enunciato la Corte ha accolto il ricorso della Procura annullando la sentenza di proscioglimento dell’ente.

In realtà, la questione era già stata in precedenza sollevata avanti la Corte di legittimità per la considerazione che, a seguito dell’introduzione dell’art. 131-bis c.p., nessuna modifica fosse stata apportata all’art. 8 del DLgs. n. 231/2001 (“Autonomia delle responsabilità dell’ente”), per il quale la responsabilità dell’ente deve essere affermata anche nel caso in cui l’autore del reato-presupposto non sia stato identificato, non sia imputabile, ovvero il reato sia estinto per causa diversa dall’amnistia.

In tale contesto, erano state prospettate due diverse soluzioni interpretative, tra loro alternative.
La prima, fondata sul tenore letterale del citato art. 8, propendeva per l’esclusione della responsabilità dell’ente, poiché tale disposizione non considera espressamente le cause di non punibilità (quale quella prevista dall’art. 131-bis c.p.) tra le ipotesi che la lascerebbero sussistere.

La seconda, invece, riteneva non ragionevole il fatto che l’ente andasse esente da responsabilità nelle ipotesi, indicate dall’art. 8 comma 1 lett. b), di estinzione del reato per cause diverse dall’amnistia e non anche quando il reato sia accertato ma non punibile, come nei casi stabiliti dall’art. 131-bis c.p., la cui applicazione comporta conseguenze anche pregiudizievoli quali l’iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale e l’effetto di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso nel giudizio civile o amministrativo di danno ai sensi dell’art. 651-bis c.p.p.

Già con la sentenza n. 11518/2019 la giurisprudenza di legittimità aveva aderito a quest’ultimo orientamento, affermando, proprio per la nozione stabilita dall’art. 8 del DLgs. n. 231/2001, l’esclusione di ogni automatismo tra l’eventuale riconoscimento della particolare tenuità del fatto nei confronti dell’autore del reato e l’accertamento della responsabilità dell’ente.

La sentenza in esame ribadisce tale principio, ricordando il proprio consolidato orientamento (Cass. SS.UU. nn. 38343/2014 e Cass. n. 29538/2019) che vede in quella degli enti, ex DLgs. n. 231/2001, un tertium genus di responsabilità, compatibile con i principi costituzionali per fatto proprio e di colpevolezza e in linea con la Relazione ministeriale che le attribuisce “i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dell’efficacia preventiva, con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia”.

Si tratta, quindi, di una ben distinta, oltre che autonoma, responsabilità che investe direttamente l’ente, trovando nella commissione del reato da parte della persona fisica il solo presupposto, ma non già l’intera concretizzazione.

La colpa di organizzazione è così fondamento di una colpevolezza autonoma dell’ente, distinta anche se connessa rispetto a quella della persona fisica (Cass. n. 38363/2018), tale da escludere che l’eventuale applicazione al soggetto agente della causa di non punibilità per il reato presupposto impedisca l’applicazione della sanzione amministrativa all’ente, nel cui interesse o vantaggio l’illecito fu commesso (Cass. n. 9072/2018).