Secondo i giudici penali mancherebbe il requisito dell’integrale pagamento degli importi dovuti

Di Giorgio INFRANCA e Pietro SEMERARO

La pratica professionale sta dimostrando negli ultimi mesi sempre maggiori difficoltà ad ottenere l’applicazione dei benefici premiali previsti sul fronte penale dagli artt. 13, e 13-bis del DLgs. 74/2000, per quei contribuenti che hanno aderito alla c.d. “pace fiscale”.

Infatti, secondo alcuni Tribunali penali, la “pace fiscale” (declinata nelle sue varie forme previste dal DL 119/2018) non costituirebbe una forma di “integrale pagamento degli importi dovuti”, tale da consentire l’applicazione della disciplina di favore recata nel DLgs. 74/2000.

Si ricorda che l’art. 13 comma 1 del DLgs. 74/2000 prevede che i reati di omesso versamento di ritenute (art. 10-bis), omesso versamento IVA (art. 10-ter) e indebita compensazione (art. 10-quater), non siano punibili se prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari sono estinti mediante integrale pagamento di imposte, interessi e sanzioni, anche a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione, nonché di ravvedimento operoso. Il successivo art. 13-bis, comma 1, invece, al di fuori dei casi di non punibilità, prevede comunque per tutti i reati tributari un’importante attenuante della pena (diminuita fino alla metà) se prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, si procede con il pagamento del dovuto, con le modalità innanzi ricordate.

Il DL 119/2018, poi, ha previsto una serie di istituti deflativi (c.d. “pace fiscale”) che ha riguardato praticamente tutti gli atti della procedura di accertamento, dal PVC (art. 1 del DL 119/2018), agli atti impositivi (art. 2 del DL 119/2018), fino alle liti fiscali pendenti (art. 6 del DL 119/2018).

Il comune denominatore delle procedure deflative/condonistiche che hanno caratterizzato la stagione della cd. “pace fiscale” è rappresentato dallo “sconto” di sanzioni e interessi e dal versamento integrale delle imposte contestate o accertate (alcune riduzioni anche sul versante delle imposte erano previste, invece, nell’ambito delle definizioni delle liti fiscali pendenti, di cui all’art. 6 del DL 119/2018).

Ebbene, secondo alcuni Tribunali penali la circostanza che le misure deflative previste nel DL 119/2018 consentissero di stornare le sanzioni amministrative e gli interessi non consentirebbe di accedere alle misure premiali previste dal DLgs. 74/2000, stante l’assenza di un “integrale pagamento degli importi dovuti”.
La soluzione adottata dai questi Tribunali, però, non convince fino in fondo.

Non sembra vi siano infatti ragioni fondate per escludere le definizioni agevolate ex DL 119/2018 dal novero delle “speciali procedure conciliative”, che gli stessi artt. 13 e 13-bis subordinano all’applicabilità, rispettivamente, della causa di non punibilità e dell’attenuante.
Difatti, pur in assenza di una speciale disciplina di raccordo con il penale (inclusa, invece, nella L. 289/2002 e che senz’altro avrebbe risolto in radice il problema), non c’è chi non si avveda come le diverse forme di definizione agevolata di cui al DL 119/2018 condividano con gli altri istituti deflativi previsti dalle norme tributarie, la medesima logica di fondo, ovvero ridurre la litigiosità, incentivando i contribuenti a versare le imposte dovute, in cambio di una riduzione sugli accessori (sanzioni e interessi).

Logica di fondo sottesa anche all’inclusione degli istituti deflativi del contenzioso tributario fra le circostanze che consentono l’applicazione degli artt. 13 e 13-bis, DLgs. 74/2000, proprio in ragione della volontà legislativa di escludere o quantomeno mitigare la punibilità del soggetto attivo laddove questi ponga in essere condotte antagoniste al fatto tipico in precedenza commesso, assicurando la soddisfazione dell’Erario con giusto versamento, prima dell’inizio del processo penale, delle somme richieste, con duplice vantaggio, sia per la giustizia tributaria, che per quella penale.

Ed allora, che il legislatore del DL 119/2018 abbia ritenuto soddisfatto l’interesse erariale con il pagamento delle sole imposte, rientra nella sua discrezionalità politica e non muta i termini della questione, ovvero la natura di “speciali procedure conciliative” degli istituti previsti dalla c.d. “pace fiscale”.

Del resto, anche l’accertamento con adesione, la conciliazione e il ravvedimento operoso, istituti richiamati dagli artt. 13 e 13-bis del DLgs. 74/2000, prevedono riduzioni sanzionatorie (e interessi a tassi più bassi), senza che ciò pregiudichi l’applicazione dei benefici penali.

Escludere dalla causa di non punibilità e dall’attenuante quei contribuenti che abbiano aderito alla “pace fiscale” sembra, quindi, del tutto a-sistematico e generebbe un forte vulnus nell’affidamento di tutti quei contribuenti che hanno aderito alla “pace fiscale” proprio in ottica di alleggerire la propria posizione sia sul lato fiscale che, soprattutto, su quello penale.