La novità della legge di bilancio oggetto di osservazioni da parte di Assonime

Di Cecilia PASQUALE

I commi 302-305 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 hanno aumentato da 1/3 a 2/5 la quota riservata al genere sottorappresentato (che generalmente corrisponde a quello femminile) negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate e hanno prorogato da 3 a 6 i mandati in cui trovano applicazione le disposizioni.

Le norme oggetto di revisione sono gli artt. 147-ter e 148 del DLgs. 58/98 (TUF), già modificati dalla L. 120/2011 (legge “Golfo-Mosca”) che aveva introdotto per la prima volta le previsioni a favore del genere meno rappresentato, con lo scopo di combattere la situazione di squilibrio nella rappresentanza dei generi nelle posizioni di vertice delle società quotate (le disposizioni si applicano anche alle società controllate da pubbliche amministrazioni). La legge del 2011 prevedeva una quota riservata pari a 1/3 dei membri e aveva carattere temporaneo (operava per 3 mandati).

Le modifiche sono intervenute su entrambi gli elementi.
In particolare, il nuovo comma 1-ter dell’art. 147-ter del DLgs. 58/98 (TUF) dispone che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi e che al genere meno rappresentato spettino almeno 2/5 degli amministratori, per 6 mandati costitutivi.
Parallelamente, secondo il nuovo comma 1-bis dell’art. 148 del DLgs. 58/98 (TUF), l’atto costitutivo deve prevedere che il riparto dei componenti dell’organo di controllo sia effettuato in modo che il genere meno rappresentato ottenga almeno 2/5 dei membri effettivi del collegio sindacale.

Il criterio di riparto si applica a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate in mercati regolamentati successivo alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2020, mentre resta ferma la quota di almeno 1/5 prevista dall’art. 2 della L. 120/2011, per il primo rinnovo successivo alla data di inizio delle negoziazioni.

Le nuove norme sollevano alcune criticità applicative, evidenziate da Assonime nella circolare n. 33/2019.
Preliminarmente, si segnala che già il decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2020 (DL 124/2019), entrato in vigore il 25 dicembre 2019, aveva modificato le citate norme del TUF, allungando da 3 a 6 mandati l’obbligo di “quote rosa”, senza tuttavia modificare l’entità della quota da garantire. Il rapporto tra i due testi non è chiaro, ma la legge di bilancio dovrebbe abrogare la norma del decreto fiscale, in virtù del principio secondo cui la norma posteriore deroga quella anteriore.

Con riguardo al numero dei mandati, ci si è chiesti se i 6 mandati prescritti dalla nuova normativa comprendano i 3 mandati già trascorsi con quota di genere a 1/3, oppure se il conto inizi a decorrere dall’entrata in vigore della legge.
Per Assonime, i 6 mandati si aggiungerebbero ai 3 mandati della L. 120/2011, anche considerato che le quote da garantire sono di entità diversa. Sul punto, peraltro, la circolare segnala che una simile estensione rischia di minare la legittimità costituzionale della norma: considerato che la durata complessiva degli obblighi arriverebbe a un totale di 9 mandati, ossia 27 anni (alla luce della durata triennale tipica dei consigli di amministrazione e che costituisce un obbligo per il collegio sindacale), verrebbe meno il carattere temporaneo delle misure disposte dalla legge del 2011, carattere che garantiva il rispetto del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Inoltre, la circolare evidenzia come la nuova disciplina non sia accompagnata da un adeguato regime transitorio, in quanto la quota del 40% appare applicabile da subito ovvero dalla stagione assembleare 2020, mentre nella L. 120/2011 la quota garantita era di 1/5 per il primo mandato e di 1/3 dal secondo, a partire dal primo rinnovo successivo al 12 agosto 2012.

Infine, l’Associazione rileva la difficoltà di applicare la quota riservata ai collegi sindacali delle società quotate composti da tre sindaci in quanto, quale che sia la composizione del collegio, il genere meno rappresentato non può mai integrare la quota di 2/5.
La proposta di Assonime per superare tale paradosso è una modifica legislativa che limiti l’applicazione della quota del 40% ai soli collegi sindacali composti da cinque membri, prevedendo, ad esempio, che il principio della parità di genere nell’accesso agli organi di amministrazione e controllo che si compongono di soli tre membri si ritenga soddisfatto purché siedano in tale organo sindaci di entrambi i generi.

Le nuove disposizioni lasciano inalterate le sanzioni.
In caso di mancato rispetto del criterio di riparto, la CONSOB ha potere di diffida della società interessata e, in caso di inottemperanza entro 4 mesi dalla diffida, applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 euro a 1.000.000 di euro (da 20.000 euro a 200.000 euro per violazioni relative alla composizione del collegio sindacale) fissando un nuovo termine per adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti eletti decadono dalla carica.