L’Agenzia smentisce la propria risoluzione n. 22/2018 in relazione al sismabonus e riaccende il contrasto con la Cassazione
L’Agenzia delle Entrate nella risposta fornita ad un recente interpello (n. 956-1441/2019) ha affermato che i soggetti titolari di reddito d’impresa non possono beneficiare delle agevolazioni ecobonus (in linea con la posizione restrittiva presa con le risoluzioni n. 303 e n. 340 del 2008) e sismabonus (nel caso smentendo la propria risoluzione n. 22 del 2018) relativamente agli immobili destinati alla locazione o alla vendita.
Il beneficio per i soggetti IRES – nella visione dell’Agenzia – sarebbe applicabile solo con riferimento ai c.d. immobili strumentali, ossia immobili che hanno come unica destinazione quella di essere direttamente impiegati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, sì da non essere idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti (cfr. C.M. n. 112 del 1999).
In particolare, a parere dell’Amministrazione finanziaria, l’eventuale estensione dell’ecobonus e del sismabonus ai soggetti titolari di reddito d’impresa, in relazione agli immobili destinati alla locazione o alla vendita, comporterebbe a favore di tali soggetti ulteriori vantaggi specifici, non rispondenti allo scopo perseguito dalla legge che (sempre a parere dell’Agenzia) sarebbe quello di favorire esclusivamente i soggetti che utilizzano i predetti beni.
Tale interpretazione si scosta nettamente dalle recentissime sentenze della Corte di Cassazione (in tema di ecobonus, sentenze Cass. 12 novembre 2019 n. 29162, 23 luglio 2019 nn. 19815 e 19816. Si veda “Alle imprese ecobonus e sismabonus per tutti gli immobili” del 25 novembre 2019), con le quali la Suprema Corte – con specifica critica rivolta proprio alla risoluzione n. 340 del 2008 – ha puntualizzato che non è possibile ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario della “mens legis”, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma sì come inequivocabilmente espressa dal legislatore.
Invero, come disposto dall’art. 12 delle preleggi (in claris non fit interpretatio), nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore. Solo in caso di incerte formulazioni letterali è possibile ricorrere agli altri criteri interpretativi.
Con riferimento all’ecobonus la Cassazione ha affermato che “la ratio legis del bonus fiscale relativo al caso di specie, che traspare con chiarezza dal testo normativo, consiste nell’intento d’incentivare gli interventi di miglioramento energetico dell’intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell’interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, ed è coerente e si salda con il tenore letterale delle norme di riferimento, le quali non pongono alcuna limitazione, né di tipo oggettivo … né di tipo soggettivo”.
Analoghe considerazioni possono essere formulate con riferimento al Sismabonus, come del resto ha già fatto la stessa Agenzia delle Entrate nella citata risoluzione 22 del 2018, evidenziando che “la norma in commento non pone alcun ulteriore vincolo di natura soggettiva od oggettiva al riconoscimento del beneficio”, esattamente in linea con quanto affermato dalla Cassazione.
A questo punto risulta urgente una ulteriore riflessione da parte dell’Amministrazione finanziaria, nel solco dei ragionamenti della Suprema Corte sullo specifico tema, al fine di non vanificare gli obiettivi posti dal legislatore di rinnovamento del patrimonio immobiliare italiano, perseguiti con l’introduzione dell’Ecobonus e del Sismabonus, strumenti che, se sfruttati appieno, saranno in grado di generare benefici sociali ed economici per la collettività e per l’intero “sistema Paese”.
Nelle more di tale chiarimento è prevedibile l’insorgere di un elevatissimo numero di contenziosi in relazione a una materia su cui la Cassazione si è già espressa con più sentenze, condannando alle spese l’Amministrazione Finanziaria.