Nelle operazioni inesistenti neutralizzata l’operazione espungendo credito e debito nelle liquidazioni senza disconoscere la detrazione

Di Francesco BRANDI

Si applica retroattivamente, anche d’ufficio, il regime sanzionatorio più favorevole al contribuente in caso di fattura soggettivamente inesistente e relativa alle operazioni in regime di reverse charge.
A sancirlo è stata la Cassazione che, con la sentenza n. 32552/2019, ha accolto un motivo di ricorso presentato da una srl.

La vicenda è partita da una verifica della Guardia di Finanza sfociata in due accertamenti a carico di una srl per aver contabilizzato alcune fatture per operazioni inesistenti emesse da cartiere. L’operato dell’Amministrazione finanziaria è risultato corretto per la C.T. Reg., che ha respinto l’appello della società.
Col ricorso in Cassazione la società deduceva, tra l’altro, violazione degli artt. 21 e 74 del DPR 633/72 per non avere la C.T. Reg. applicato il principio per cui, in caso di fatture soggettivamente inesistenti relative a prestazioni soggette a reverse charge, il pagamento dell’imposta dovuta in base alla fattura spetta sempre all’emittente.

La questione è stata risolta alla luce del trattamento fiscale sanzionatorio più favorevole al contribuente, quello, cioè, previsto dal DLgs. 158/2015, norma applicabile retroattivamente anche d’ufficio.

Le disposizioni introdotte nel 2015 sono coerenti con i principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria in materia di reverse charge, secondo cui le violazioni degli obblighi formali non possono escludere di per sé il diritto alla detrazione del contribuente, pena la violazione del principio di neutralità dell’imposta (Ecotrade, cause riunite C-95/07 e 96/07, Idexx, causa C-590/13; Equoland, causa C-272/13), principi fatti propri anche dalla Cassazione (cfr. Cass. nn. 5072/2015 e 4612/2016).

La prima parte del comma 9.bis.3 dell’art. 6 del DLgs. 471/97, come rilevato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/2017 (§ 5), introduce una particolare disciplina, più a carattere procedurale che sanzionatorio, per i casi in cui vengano assoggettate a inversione contabile, con applicazione dell’imposta, operazioni che in realtà sono esenti, non imponibili o, comunque, non soggette.
In tal caso viene previsto che l’Ufficio accertatore espunga sia la posta a debito che quella a credito computate all’interno delle liquidazioni, ripristinando così la situazione corretta.

Il secondo periodo del comma 9-bis.3 recita testualmente: “La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro”.
Poiché è “pacifico” tra le parti che la contribuente ha “regolarmente” effettuato l’inversione contabile a suo carico, “reso neutrali le operazioni ritenute soggettivamente inesistenti dalla CTR” e poiché è ancora in contestazione “l’«an» della violazione tributaria e sussiste ancora controversia sulla debenza delle sanzioni”, scatta il più favorevole regime sanzionatorio, applicabile retroattivamente, anche d’ufficio.

In ordine alla natura delle operazioni, si esprime l’avviso che la norma trovi applicazione, oltre che nell’ipotesi principale di inesistenza oggettiva, anche nell’ipotesi di inesistenza soggettiva, per cui rimane comunque impregiudicata la facoltà del cessionario/committente, che ha ricevuto la fattura da un soggetto diverso da quello che ha posto in essere l’operazione, di regolarizzare la violazione ai sensi del comma 9-bis, quarto periodo (nella misura ricompresa tra il 5% e il 10%, cfr. circolare n. 16/2017 § 5-b). Questa importantissima novità legislativa, come puntualizzato dall’Amministrazione finanziaria, “si applica, nel rispetto del principio del favor rei, anche alle violazioni commesse prima del 1° gennaio 2016, i cui atti di recupero non si sono ancora resi definitivi”.

Sul punto la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/2017 ha precisato che, con il comma 9.bis.3, sono state introdotte “regole specifiche, applicabili quando la violazione riguarda l’applicazione del regime di inversione contabile, per operazioni di cui al primo periodo del comma 9-bis, ma che sono inesistenti; tali regole attengono sia alla sanzione applicabile che ai criteri di recupero dell’imposta in sede di accertamento”.

Da tale interpretazione discende quindi che tutte le operazioni inesistenti per le quali sia stato applicato il regime di inversione contabile non potranno dar luogo a nessun recupero d’imposta, dovendosi invece espungere dalla contabilità le relative poste a debito e a credito, ma risulteranno sanzionabili nella misura proporzionale variabile tra il 5% e il 10% dell’imponibile oggetto di inversione contabile, con un minimo di 1.000 euro per ciascuna violazione.